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Vaccini Covid, per i rarissimi casi di trombosi esiste una terapia | Come funziona

Vaccini Covid, per i rarissimi casi di trombosi esiste una terapia. Ma come funziona? Si chiama trombocitopenia trombotica immunitaria indotta da vaccino (Vitt, dall’inglese vaccine induced immune thrombotic thrombocytopenia) la rarissima patologia collegata alla somministrazione di alcuni vaccini anti-Covid, in particolare AstraZeneca (il cui utilizzo è stato sospeso in diversi Paesi, tra cui l’Italia). La definizione arriva dagli autori di due studi pubblicati sul New England Journal of Medicine (Nejm, primo studio: leggi – secondo studio: leggi).

Vaccini Covid, per i rarissimi casi di trombosi esiste una terapia: come funziona

Già a marzo gli esperti del Paul Ehrlich Institute tedesco, omologo al nostro Istituto superiore di sanità, avevano parlato di “notevole aumento di una forma speciale di trombosi venosa cerebrale molto rara (trombosi della vena sinusale) connessa a mancanza di piastrine (trombocitopenia) e sanguinamento“, in concomitanza con le somministrazioni del vaccino AstraZeneca. In Gran Bretagna, dove più di 11 milioni di persone hanno ricevuto AstraZeneca, ci sono state segnalazioni analoghe. In situazioni normali l’incidenza di questo tipo di trombosi è rarissima nella popolazione: si stimano tra 2 e 5 casi ogni milione di persone all’anno, negli adulti, ma secondo una ricerca del 2016 pubblicata su Stroke l’incidenza potrebbe essere in realtà più alta, con circa 15 casi ogni milione.

C’è una terapia

È stata la stessa Agenzia europea per i medicinali (Ema) a confermare la possibilità di un legame tra le segnalazioni di trombosi in diversi Paesi europei e la somministrazione del vaccino AstraZeneca (a base di adenovirus). Anche l’Agenzia italiana per il farmaco (Aifa) ha sostenuto la correlazione, proponendo di riservare il vaccino AstraZeneca agli over 60. Si tratta però al momento di una semplice raccomandazione, non di un obbligo. In un articolo pubblicato sul Corriere della Sera il gruppo Scienziate per la Società afferma: “La frequenza e le caratteristiche della sindrome sono ancora poco definite. La buona notizia è che esiste una terapia per curarla, quando diagnosticata precocemente: infusione di immunoglobuline e anticoagulanti non eparinici”. “È ora necessario – proseguono le esperte — che gli ospedali ricevano indicazioni precise su come riconoscere e trattare questa sindrome e che i medici vaccinatori siano allertati e informati per incoraggiare i soggetti vaccinati a chiedere assistenza medica se dovessero insorgere i disturbi caratteristici”. I sintomi (difficoltà respiratoria, dolore al petto, forte mal di testa, dolore addominale persistente, vista offuscata, vertigini, comparsa spontanea di lividi) compaiono da cinque a 20 giorni dopo la vaccinazione.

Immunoglobuline e anticoagulanti

Anche gli autori dei due studi pubblicati su Nejm suggeriscono che il trattamento precoce con immunoglobuline e anticoagulanti non eparinici può essere utile nei casi di trombocitopenia trombotica immunitaria indotta da vaccino. I medici — affermano — devono sapere che, in alcuni pazienti, la trombosi venosa o arteriosa può svilupparsi in siti insoliti come il cervello o l’addome. Se è accompagnata da trombocitopenia (quantità insufficiente di piastrine, cellule che favoriscono la coagulazione di sangue), può rappresentare un effetto avverso della vaccinazione.

Gli autori ipotizzano anche una strategia terapeutica, da attuare prima possibile (per questo è importante riconoscere subito i sintomi): somministrare immunoglobuline ad alte dosi per via endovenosa, specialmente quando un paziente presenta una condizione grave, come la trombosi venosa cerebrale. Questa raccomandazione si basa sull’esperienza del trattamento della trombocitopenia autoimmune indotta da eparina, in cui l’immunoglobulina porta a un rapido aumento di piastrine. Inoltre — aggiungono —, dato il parallelismo con la trombocitopenia autoimmune indotta da eparina, andrebbero usati anticoagulanti non eparinici, come per esempio apixaban, rivaroxaban, fondaparinux».

Due ipotesi sulle cause

Si lavora anche per fare luce sulle cause delle trombosi cerebrali. Sono due le ipotesi principali: la prima riguarda l’adenovirus utilizzato come “navetta” per trasportare nelle cellule il materiale genetico di Sars-CoV-2; la seconda prende in considerazione le tecniche di produzione della proteina Spike utilizzata nel vaccino. L’adenovirus, reso inoffensivo, è presente in AstraZeneca e altri vaccini (Johnson & Johnson, Sputnik, Reithera, CanSino): porta nelle cellule frammenti del materiale genetico di Sars-CoV-2; questi ultimi stimoleranno le cellule a produrre anticorpi. Ci si domanda se giochi un ruolo la sequenza chiamata SP (signal peptide), utilizzata per far esprimere meglio il materiale genetico del coronavirus e stimolare così una maggiore risposta immunitaria. Secondo il farmacologo Antonio Clavenna dell’Istituto Mario Negri di Milano, questa ipotesi andrebbe approfondita. “L’organismo, in particolari casi e per ragioni al momento non note, riconoscerebbe il vettore come un elemento estraneo, producendo degli anticorpi contro di esso — afferma Clavenna —. Tali anticorpi, oltre a riconoscere il vettore virale, riconoscerebbero e si legherebbero anche ad alcune sostanze normalmente prodotte dall’organismo stesso, che rientrano nel processo della coagulazione. Così questi anticorpi avrebbero l’effetto di scatenare il processo di coagulazione anche se non necessario, portando ai rari eventi trombotici. Questa è tuttavia soltanto un’ipotesi — sottolinea —, ci sono ancora vari dubbi da chiarire e sono necessari ulteriori studi. Se però fosse confermata, ci potrebbero essere delle armi terapeutiche in grado, secondo alcune ricerche, di agire e prevenire questi fenomeni di ipercoagulazione”.

Eparina e fattore piastrinico 4

Molti si stanno però concentrando sulla seconda ipotesi, citata nei due studi pubblicati sul New England Journal of Medicine relativi a 11 casi di persone vaccinate in Germania e Austria e 5 in Norvegia, prevalentemente donne. «Tutti e 16 i casi descritti hanno un quadro clinico i cui sintomi somigliano alla condizione chiamata trombocitopenia indotta dall’eparina (Hit), nella quale anziché fluidificare il sangue, l’eparina causa coaguli, sebbene nessuno di questi pazienti fosse stato trattato con eparina — fa notare Francesco Broccolo, microbiologo all’Università Milano Bicocca —. Quindi si va sempre più delineando la pista della trombocitopenia trombotica immunitaria indotta dal vaccino (Vitt) nella quale si rilevano gli anticorpi anti PF4/eparina come nella Hit». L’ipotesi riguarda le modalità di produzione della proteina Spike (S), il “gancio” molecolare con cui il virus cattura le cellule. Di conseguenza il problema coinvolgerebbe sia i vaccini che utilizzano il “virus-navetta”, come AstraZeneca, sia i vaccini a Rna messaggero (mRna), come Pfizer. “Il problema — nota Broccolo — potrebbe interessare tutti i vaccini in cui la proteina S non viene stabilizzata”.

In alcuni casi la proteina potrebbe essere ridotta in frammenti molto simili al complesso eparina e fattore piastrinico 4 (PF4), una proteina che in condizioni normali si lega all’eparina fluidificando il sangue, ma che nella rarissima trombocitopenia indotta dall’eparina (Hit) induce il sistema immunitario a produrre anticorpi contro PF4 (anticorpi rilevabili con il test ELISA, secondo i due studi pubblicati sul Nejm). Uno studio condotto negli Stati Uniti riporta alcuni casi di trombocitopenia che si sono verificati dopo la vaccinazione con Pfizer e Moderna, entrambi a mRna.

Un caso su un milione

“Vengono alla luce problemi che in una condizione normale sarebbero passati inosservati — afferma Francesco Broccolo —. Su 34 milioni di vaccini AstraZeneca somministrati in Europa sono avvenute 30 morti per le quali si è ipotizzato un legame con il vaccino. Vale a dire un caso su un milione. Ma in una sperimentazione di fase 3 non è mai accaduto che fossero arruolati 34 milioni di persone. Non avremmo visto niente perché in un trial clinico completo non avremmo raggiunto un campione tale da far emerge il presunto legame con le trombosi cerebrali”.

Richiamo con un vaccino diverso

Infine prende corpo l’ipotesi di effettuare il richiamo con un vaccino diverso rispetto a quello della prima inoculazione. Partirà all’Ospedale Spallanzani di Roma, dopo il via libera dell’Aifa, una sperimentazione sulla seconda dose, dopo la prima con AstraZeneca, utilizzando altri vaccini tra cui lo Sputnik.

 


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