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Omicidio Giulia Cecchettin: la Procura rinuncia all’impugnazione dell’ergastolo per Filippo Turetta

Filippo Turetta

Niente processo davanti alla Corte di Appello: la Procura Generale di Venezia rinuncia all’impugnazione contro l’ergastolo di Filippo Turetta. La sentenza per l’omicidio di Giulia Cecchettin diventa definitiva. I legali della famiglia: “Decisione coerente e giusta”.

Caso Turetta, niente processo d’appello: la Procura rinuncia all’impugnazione dell’ergastolo

Non ci sarà processo d’appello per Filippo Turetta, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Cecchettin. La Procura Generale presso la Corte d’Appello di Venezia ha infatti deciso di rinunciare all’impugnazione della sentenza di primo grado, chiudendo di fatto la vicenda giudiziaria.

La decisione, comunicata ai legali della famiglia Cecchettin – gli avvocati Nicodemo Gentile, Piero Coluccio e Stefano Tigani – comporta la cancellazione della prima udienza di secondo grado, prevista per il 14 novembre. Anche Turetta aveva già rinunciato ai motivi di appello, dichiarando in una lettera di accettare la condanna senza chiedere attenuanti.

Le aggravanti escluse e il valore simbolico

La Procura aveva inizialmente impugnato la sentenza per chiedere il riconoscimento delle aggravanti della crudeltà e dello stalking, escluse in primo grado dalla Corte d’Assise di Venezia, che il 3 dicembre 2024 aveva condannato Turetta per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dal rapporto affettivo con la vittima, oltre che per sequestro di persona e occultamento di cadavere. Il riconoscimento delle aggravanti avrebbe avuto un valore simbolico, ma con la rinuncia dell’imputato e della Procura, la sentenza di primo grado diventa definitiva, confermando l’aggravante della premeditazione, una delle circostanze più gravi previste dal codice penale.

Le parole dei legali della famiglia Cecchettin

“Una scelta coerente, giusta e pienamente condivisibile”, hanno commentato i legali della famiglia Cecchettin. “La rinuncia dell’imputato rende definitiva la sentenza di primo grado e cristallizza la sussistenza della premeditazione, aggravante tra le più subdole e gravi”.

Secondo gli avvocati, la decisione consente alla famiglia di chiudere un capitolo doloroso: “La famiglia Cecchettin ha affrontato ogni fase del processo con dolore e straordinaria dignità. Ora sente il bisogno di voltare pagina, di interrompere quel circuito giudiziario che continuava a riaprire la ferita”.

Il messaggio finale è un monito contro la violenza di genere: “Con la definitiva affermazione delle responsabilità di Turetta resta l’impegno a trasformare il dolore in consapevolezza, perché la società, a partire dai più giovani, impari a riconoscere e contrastare le radici profonde della violenza contro le donne”.

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