Diventano definitive le condanne nei confronti di due imputati coinvolti in un vasto giro di spaccio di sostanze stupefacenti operante nella Valle dell’Irno. La Corte di Cassazione ha infatti dichiarato inammissibili i ricorsi presentati da un 23enne residente a Battipaglia e da un 43enne di Salerno, rendendo irrevocabili le pene inflitte nei loro confronti: cinque anni e quattro mesi di reclusione ciascuno per associazione a delinquere finalizzata allo spaccio come riportato da SalernoToday.
Traffico di droga nella Valle dell’Irno, definitive due condanne
La pronuncia della Suprema Corte pone così fine a un procedimento giudiziario nato da un’articolata indagine della Procura di Salerno, che aveva portato alla luce l’esistenza di un’organizzazione strutturata dedita alla commercializzazione di droga su un’ampia porzione del territorio provinciale. I fatti contestati si collocano in un arco temporale compreso tra il 2020 e il marzo del 2022.
Secondo l’impianto accusatorio, condiviso nei precedenti gradi di giudizio e ora definitivamente confermato, il sodalizio criminale sarebbe stato composto da almeno dieci persone e avrebbe gestito un traffico sistematico di cocaina, crack, hashish e marijuana. Le attività di spaccio si sarebbero concentrate in particolare nei comuni di Baronissi, Pellezzano, Mercato San Severino e nelle aree limitrofe, con una rete di distribuzione capillare e ben organizzata.
Le indagini hanno evidenziato la presenza di almeno due distinti gruppi operativi, entrambi inseriti nella più ampia struttura associativa. Uno di questi, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, avrebbe avuto una gestione di tipo familiare, con un padre e un figlio a impartire ordini e direttive ai pusher attivi nel territorio di Mercato San Severino. Una modalità che, per gli investigatori, dimostrerebbe un elevato livello di organizzazione e una chiara ripartizione dei ruoli all’interno del sodalizio.
L’attività investigativa della Procura si è basata su strumenti tradizionali ma efficaci: intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti, servizi di osservazione e riscontri sul territorio. Un lavoro che ha consentito di seguire passo dopo passo i movimenti degli affiliati, ricostruendo dinamiche, contatti e modalità operative dei gruppi dediti allo spaccio.
Nel motivare la decisione, la Corte di Cassazione ha richiamato le sentenze di merito, ribadendo il ruolo attivo dei due imputati ora definitivamente condannati. In particolare, i giudici hanno sottolineato come entrambi abbiano fornito un supporto logistico rilevante all’organizzazione, occupandosi anche della gestione di partite di cocaina per un valore stimato intorno ai 20mila euro. Un contributo che sarebbe emerso non solo dalle intercettazioni, ma anche dalle dichiarazioni di un altro imputato.
Gli atti giudiziari evidenziano inoltre il coinvolgimento dei due nella disponibilità di un’arma clandestina, messa a disposizione del gruppo in una fase delicata, segnata dall’arresto di uno dei sodali. Non solo: agli imputati viene attribuita anche la partecipazione alle operazioni di suddivisione dello stupefacente e al recupero di una parte della droga dispersa dopo un ulteriore arresto.
