Nonostante una retorica spesso simile su temi come il lavoro, l’ambiente e la sanità pubblica, il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle continuano a muoversi in ordine sparso. Tra divisioni strategiche, rivalità personali e divergenze su questioni chiave — come la politica estera e le riforme istituzionali — le due principali forze dell’opposizione sembrano incapaci di costruire un fronte coeso. Le elezioni europee, l’assenza di una proposta unitaria sulla riforma del premierato, e il continuo disallineamento su dossier economici e internazionali sono solo gli ultimi segnali di un dialogo mancato. Più che un campo progressista, quello tra PD e M5S appare ancora oggi un terreno minato da diffidenze e incompatibilità. Un’incapacità che incide non solo sull’efficacia dell’opposizione, ma anche sulla credibilità di una proposta alternativa di governo.
Alle elezioni europee del 2024, ad esempio, si è consumata l’ennesima occasione persa. Per mesi si era parlato di una possibile lista unitaria, o almeno di un coordinamento tra le forze progressiste, con il Movimento 5 Stelle che lanciava segnali di apertura e disponibilità a un’intesa. Il Partito Democratico, guidato da Elly Schlein, ha scelto invece una linea autonoma, più vicina all’area europeista e moderata. Nessun accordo, nessuna mediazione, e alla fine due campagne parallele, indirizzate spesso agli stessi elettori. Il risultato è stato un indebolimento reciproco e la conferma di una frammentazione politica che ha lasciato campo libero alla maggioranza.
Anche sulla riforma del premierato promossa dal governo Meloni, l’opposizione ha mostrato una sorprendente incapacità di coordinamento. Il Movimento 5 Stelle ha lanciato una raccolta firme autonoma per promuovere un referendum abrogativo, puntando sulla mobilitazione popolare. Il Partito Democratico ha inizialmente mantenuto un profilo istituzionale più cauto, aderendo solo in un secondo momento all’iniziativa, senza però lavorare a una strategia unitaria. Non ci sono state manifestazioni congiunte, né una narrazione condivisa. Il risultato: una resistenza divisa, poco incisiva e difficilmente comprensibile per l’opinione pubblica.
Su sanità, lavoro e ambiente, i due partiti mostrano una sostanziale convergenza di contenuti, ma non riescono mai a tradurla in azione politica condivisa. Entrambi denunciano il sottofinanziamento del sistema sanitario nazionale e la crisi del personale medico, ma non esiste una proposta parlamentare firmata congiuntamente. Stessa cosa sul fronte del lavoro: il M5S rilancia il reddito di cittadinanza in una versione “universale”, il PD insiste sul salario minimo e sulla lotta alla precarietà, ma i percorsi legislativi restano scollegati. In aula, come nella comunicazione pubblica, le due forze sembrano intenzionate a non convergere mai, nemmeno quando le battaglie sono analoghe.
Le divergenze più profonde emergono però sulla politica estera e sulla difesa. Il Partito Democratico mantiene una linea pienamente atlantista, in continuità con la politica estera dei governi Draghi e Gentiloni, sostenendo l’invio di armi all’Ucraina e la posizione europea su Israele. Il Movimento 5 Stelle, invece, adotta una postura critica: si oppone all’invio di armamenti, chiede un ruolo diplomatico più attivo per l’Europa e non nasconde un certo scetticismo verso la NATO. Si tratta di fratture identitarie che vanno oltre il dibattito tattico, e che rendono quasi impossibile una sintesi credibile. Alla base di questa distanza politica c’è anche una questione di leadership: né Conte né Schlein sembrano intenzionati a cedere terreno. L’ex presidente del Consiglio rivendica il ruolo di alternativa netta alla destra, con una narrativa costruita sull’intransigenza e sulla coerenza. Schlein, invece, si propone come la rinnovatrice del centrosinistra tradizionale, e punta a rilanciare un PD più moderno, ma senza alleanze troppo vincolanti. Le tensioni personali, le ambizioni politiche e i reciproci sospetti finiscono per cristallizzare una distanza che nessuna crisi esterna riesce a colmare.
Il risultato è un’opposizione che, pur avendo numeri e temi comuni, resta divisa nei fatti. La maggioranza di governo continua a presentarsi compatta anche su dossier complessi, mentre l’area progressista si muove in ordine sparso, spesso ostacolandosi da sola. Una condizione che, al di là delle dinamiche partitiche, contribuisce a mantenere stabile l’attuale assetto politico. In assenza di un progetto comune, il cosiddetto “campo largo” resta, per ora, solo una suggestione retorica.
Il sondaggio: https://www.youtrend.it/2025/07/04/supermedia-youtrend-agi-fdi-al-303-2-2/