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“Un cuore grande”: al Giffoni Film Festival il primo docufilm italiano dedicato alle cardiomiopatie

Foto di repertorio
Il prototipo

Le storie di chi vive quotidianamente con una forma di cardiomiopatia sono al centro del docufilm Un cuore grande, proiettato oggi nell’ambito dell’edizione 2025 del Giffoni Film Festival. Si tratta della prima produzione audiovisiva in Italia interamente dedicata alle patologie che colpiscono il miocardio, compromettendone la funzione e modificandone la struttura. Tra queste, la cardiomiopatia ipertrofica è la più diffusa: una condizione spesso ereditaria, che può provocare sintomi invalidanti e gravi complicanze, come aritmie, arresti cardiaci o insufficienza cardiaca, fino alla necessità di trapianto.

“Un cuore grande”: al Giffoni Film Festival

Nel nostro Paese, secondo le stime, sono oltre 100mila le persone affette da questa patologia. Molte di loro, pur convivendo con limitazioni cliniche importanti, non si sono lasciate fermare dalla malattia. Un cuore grande racconta proprio le esperienze di quattro pazienti che hanno scelto di non rinunciare ai propri sogni. Il docufilm, scritto da Donatella Romani, diretto da Roberto Amato e prodotto da Telomero Produzioni, è stato trasmesso su La7d e rimane disponibile in streaming sulla piattaforma dell’emittente.

La proiezione, ospitata al Palazzo Cinema di Giffoni, è seguita da una Masterclass realizzata in collaborazione con il Giffoni Innovation Hub. All’incontro partecipano, tra gli altri, Franco Cecchi, presidente di Aicarm Aps – l’Associazione Italiana Cardiomiopatie – e alcuni dei protagonisti del documentario. L’iniziativa è patrocinata da Aicarm e sostenuta con il contributo non condizionante di Bristol Myers Squibb.

Il film offre uno sguardo umano e autentico sulla vita con una cardiomiopatia. Giorgia, attrice colpita da un arresto cardiaco a soli 20 anni; Cristina, costretta ad abbandonare lo sport agonistico ma che ha trovato una nuova passione nei rally; Antonio, che ha trovato serenità dopo aver saputo che i suoi figli non hanno ereditato la mutazione genetica responsabile della malattia; e Benedetta, che dopo aver perso il padre per una cardiomiopatia ha scelto comunque di diventare medico per aiutare altri pazienti come lui. Le loro testimonianze sono narrate dalla voce di Pamela Villoresi, che accompagna lo spettatore nei momenti cruciali delle loro vite.

Secondo Iacopo Olivotto, responsabile del Centro Cardiomiopatie degli ospedali Careggi e Meyer di Firenze, nonché docente all’Università di Firenze, queste patologie colpiscono principalmente adulti tra i 30 e i 50 anni, ma possono insorgere a qualsiasi età. Rappresentano una delle principali cause di morte improvvisa tra i giovani e sono frequentemente associate a episodi di scompenso cardiaco, attualmente la terza causa di ricovero ospedaliero in Italia.

“Nonostante i problemi e le complicanze, oggi è possibile convivere con una cardiomiopatia”, ha sottolineato Cecchi. “Il docufilm dimostra come una diagnosi, per quanto difficile, non precluda la possibilità di vivere una vita piena. I progressi della medicina e della ricerca permettono oggi di affrontare queste malattie in maniera più efficace, migliorando la qualità e le prospettive di vita dei pazienti”.

Un concetto condiviso anche da Samuela Carigi, cardiologa dell’Ospedale Infermi di Rimini, che evidenzia l’importanza di coinvolgere attivamente i pazienti nel percorso di cura: “Il momento della diagnosi è delicato. È fondamentale aiutare la persona a comprendere che, pur con i limiti imposti dalla malattia, è possibile trovare un nuovo equilibrio e continuare a costruire il proprio futuro”.

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