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Tentati suicidi in carcere, 38enne salernitano ottiene i domiciliari: emergenza a Fuorni

Carcere Salerno rissa
Il carcere
Carcere Salerno rissa

Era detenuto dal febbraio scorso per un cumulo di pene che lo avrebbe tenuto in cella fino al maggio 2031. Un uomo di 38 anni, già coinvolto nell’inchiesta che nell’ottobre 2023 smantellò un traffico internazionale di droga con base al porto di Salerno, è stato trasferito agli arresti domiciliari a seguito di numerosi episodi di autolesionismo. La decisione è stata assunta dal Tribunale di Sorveglianza di Salerno, che ha accolto l’istanza del legale disponendo la detenzione presso l’abitazione di famiglia a Baronissi come riportato dal quotidiano Il Mattino oggi in edicola.

Tentati suicidi in carcere, 38enne salernitano ottiene i domiciliari

L’ultimo episodio, avvenuto a fine agosto, aveva portato il 38enne al ricovero in ospedale dopo un tentativo di impiccagione con un lenzuolo. Non era la prima volta: già a giugno e luglio si erano registrate lesioni volontarie e gesti estremi. Dopo il referto medico del ricovero tra il 29 agosto e il 1° settembre, il collegio giudicante – presieduto da Oriana Iuliano – ha ritenuto le condizioni psico-fisiche incompatibili con la permanenza in carcere. Richiamato il principio della Cassazione secondo cui la pena non può tradursi in trattamento disumano, i magistrati hanno bilanciato il diritto alla salute del detenuto con l’interesse collettivo, stabilendo il trasferimento in regime domiciliare.

Il caso si inserisce in un quadro già segnato da gravi criticità nel carcere di Fuorni. Solo pochi giorni fa un altro detenuto, 50enne, ha tentato il suicidio con un lenzuolo, salvato in extremis dalla polizia penitenziaria e ricoverato in ospedale. L’istituto ospita oltre 500 reclusi a fronte di una capienza regolamentare di 380, con una cronica carenza di personale costretto a turni prolungati e arretrati di ferie e straordinari non retribuiti.

Una situazione strutturale

Le segnalazioni sindacali e gli allarmi della polizia penitenziaria descrivono una realtà segnata da sovraffollamento, tensioni interne e continui tentativi di introdurre clandestinamente telefoni cellulari, strumenti che la criminalità utilizza per mantenere i propri traffici. Il procuratore capo di Salerno, Giuseppe Borrelli, ha definito più volte il carcere una “piazza di spaccio” e persino una “scuola del crimine”, in aperto contrasto con la funzione rieducativa che dovrebbe caratterizzare l’esecuzione della pena.

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