Cronaca Salerno, Salerno

Sparatoria a Salerno, gli indagati non rispondono al Gip. Le intercettazioni: «Volevo sterminarlo con la famiglia»

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Il luogo della sparatoria

Emergono dettagli inquietanti sulla sparatoria avvenuta a Salerno: gli indagati non rispondono al Gip ma emerge una intercettazione di Pietrofesa. Una continua faida tra Giuseppe Pietrofesa e Alfonso Irno: minacce di morte, vendette mancate e conversazioni intercettate che svelano la violenza latente a Matierno. Lo riporta Il Mattino.

Sparatoria a Salerno, gli indagati non rispondono al Gip

È un clima di odio e vendetta quello che emerge dalle carte dell’inchiesta sulla sparatoria avvenuta nel quartiere Matierno di Salerno. Protagonisti della vicenda sono Giuseppe Pietrofesa e Alfonso Irno, entrambi raggiunti da misure cautelari la scorsa settimana. Pietrofesa è accusato di tentato omicidio, detenzione illegale di armi e munizioni, mentre Irno deve rispondere di minaccia aggravata e detenzione di munizionamento.

L’intercettazione

Secondo gli inquirenti, Pietrofesa avrebbe cercato di eliminare fisicamente Irno, ritenuto un ostacolo da rimuovere: «Non c’è altra soluzione, devo ucciderlo», avrebbe detto in un’intercettazione. La frase si riferisce a un episodio del 15 settembre 2023, quando Irno si presentò sotto casa di Pietrofesa aprendo il fuoco contro le finestre. Quel giorno ne uscì vivo, ma per poco: «Gli ho mirato alla testa, è vivo per miracolo», avrebbe confessato Pietrofesa in un’altra conversazione.

La scintilla

La scintilla? Un acceso litigio tra Irno e la figlia di uno dei fratelli Pietrofesa. Da quel momento, l’escalation: dopo aver sparato, Pietrofesa si sarebbe diretto verso casa di Irno, sempre a Matierno, con l’intento – intercettato – di “sterminare lui e la sua famiglia”. Intenti che, fortunatamente, non si sono mai concretizzati.

Ma l’odio non si ferma lì. Quando Irno fu arrestato a seguito di un’altra sparatoria avvenuta nel febbraio 2024, Pietrofesa cercò vendetta anche dietro le sbarre: avrebbe chiesto ad alcuni conoscenti di picchiarlo in carcere, anche “con una caffettiera in testa”, promettendo un “regalo” a chi avesse eseguito il pestaggio.

La ricostruzione

Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, coordinati dalla Procura di Salerno guidata da Giuseppe Borrelli, i due farebbero parte di gruppi contrapposti che si contendono il controllo del territorio a Matierno. Oltre ai due arrestati, compaiono nel fascicolo anche una decina di indagati a piede libero, tra cui familiari che avrebbero cercato di depistare le indagini. Alcuni detenuti comunicavano ancora con l’esterno grazie a telefoni cellulari, rimanendo in contatto con i protagonisti della faida. Durante l’interrogatorio di garanzia, sia Pietrofesa che Irno si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, assistiti rispettivamente dagli avvocati Giovanni Gioia e Stefania Pierro.

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