Cronaca Salerno, Salerno

Scafati, inchiesta antimafia: chieste 23 condanne per oltre 300 anni di carcere

Mondragone nascose cadavere madre processo
Immagine di repertorio
Mondragone nascose cadavere madre processo

“Le nostre indagini hanno interrotto un clan pronto all’ascesa”. Con queste parole, il pm antimafia Elena Guarino ha aperto la sua requisitoria nel processo a carico di un gruppo criminale che, secondo l’accusa, si stava strutturando per diventare una compagine mafiosa come riportato dal quotidiano Il Mattino oggi in edicola.

Il procedimento si svolge dinanzi al Gup del Tribunale di Salerno con rito abbreviato, e vede imputate 23 persone riconducibili a Dario Federico, 49enne di Boscoreale, per il quale la Direzione Distrettuale Antimafia ha chiesto 20 anni di carcere. In totale, la richiesta della Procura ammonta a oltre 300 anni di reclusione, con pene comprese tra 3 e 20 anni.

Scafati, inchiesta antimafia: chieste 23 condanne

Tra i destinatari delle richieste più alte figurano Umberto Grimaudo, Salvatore Di Paolo, Antonio e Raffaele Forte, Renato Sicignano, Immacolata Orlando e Adrian Ciortianu, per i quali la Dda ha sollecitato condanne a 20 anni di reclusione.

Secondo le indagini, il gruppo avrebbe cercato di colmare un vuoto di potere a Scafati a partire dal 2021, sfruttando l’arresto di esponenti legati al clan Matrone per assumere il controllo del territorio. La base operativa del sodalizio si trovava tra Pompei e Boscoreale, ma le mire espansionistiche lo hanno portato a consolidare il proprio potere nella città dell’Agro nocerino.

Uno degli episodi chiave ricostruiti dalla Procura riguarda un raid al porto turistico di Marina di Stabia, avvenuto con modalità eclatanti. Un gruppo di uomini, armati e in sella a scooter di grossa cilindrata, avrebbe tentato di imporre una tangente da 200mila euro al responsabile della struttura, oltre a ottenere sconti su servizi per alcune imbarcazioni.

Collaborazioni e dinamiche interne

Nel corso delle indagini, un ruolo significativo è stato giocato dalla collaborazione con la giustizia di Giuseppe Di Dato, 30enne che ha fornito elementi chiave sulla struttura e gli affari del clan. Per lui la richiesta di condanna è di 8 anni.

Determinante anche l’intervento di Domenico Tamarisco, per il quale è stata richiesta la stessa pena, ritenuto coinvolto nel passaggio di armi al clan. Tra gli episodi contestati, anche il pestaggio di un pusher e una “stesa” eseguita da un gruppo di paganesi per punire il furto di una somma di denaro ai danni del clan di Scafati.

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