Una donna arriva al Pronto soccorso dell’ospedale “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona” di Salerno in condizioni critiche. Codice rosso, ricovero urgente, diagnosi drammatica. «Ma ciò che sconvolge non è solo la gravità del male, bensì la disorganizzazione, il caos e l’assenza di rispetto che circondano la paziente e i suoi familiari.»
«Niente privacy, confusione, personale distratto, pazienti che fumano e altri che ascoltano musica mentre qualcuno muore accanto a loro. Una scena che più volte, purtroppo, si ripete nel cuore di una sanità che sembra aver smarrito la sua umanità». La denuncia arriva da Mario Polichetti, responsabile nazionale del Dipartimento Sanità dell’Udc
Salerno, Polichetti chiede un’ispezione ministeriale al Ruggi
«L’episodio accaduto al Ruggi è lo specchio di una crisi profonda della nostra sanità pubblica. Non è solo una questione di carenze strutturali, ma di coscienza. Quando una persona muore in un pronto soccorso affollato e privo di rispetto, non è la medicina che fallisce, ma l’umanità». ha aggiunto Polichetti.
Polichetti prosegue con parole dure: «Chiedo che il ministero della Salute disponga un’ispezione seria e immediata presso l’Azienda “Ruggi” di Salerno. È inaccettabile che un ospedale universitario, sede della storica Scuola Medica Salernitana, si trasformi in un “carnaio” dove i pazienti vengono lasciati soli a morire senza un minimo di dignità o di conforto religioso.»
Il dirigente dell’Udc sottolinea anche le responsabilità del sistema regionale: «Non serve costruire nuovi ospedali per vantarsi di grandi opere: servono personale formato, rispetto per il malato e controllo vero sulle strutture. Bisogna tornare a mettere la persona al centro, perché il diritto alla salute è prima di tutto diritto alla dignità».
Polichetti conclude con un appello accorato: «Mi rifiuto di credere che “così debba andare”. Il Governo e la Regione devono intervenire. Non bastano le promesse: serve un cambio di rotta culturale, etico e organizzativo. La sanità pubblica non può continuare a essere un terreno di rassegnazione e vergogna».








