In vista della sfida tra Salernitana e Cavese, in programma domenica 5 settembre, si riaccendono i riflettori su una delle rivalità calcistiche più sentite della Campania. Non si tratta soltanto di una partita di calcio, ma di un confronto che porta con sé decenni di storia, intrecciando campanilismo, passione e memoria collettiva.
Salernitana-Cavese, la storia della rivalità
La distanza geografica tra Salerno e Cava de’ Tirreni è minima – appena dieci chilometri – ma proprio questa prossimità ha alimentato nel tempo un sentimento di competizione che ha travalicato i confini sportivi. Le due città hanno vissuto, già in epoche passate, un rapporto complesso fatto di rivalità civiche, legate all’amministrazione del territorio e al peso politico delle rispettive comunità. Sul campo di calcio, questi equilibri si sono tradotti in partite ad altissima intensità, dove l’orgoglio di rappresentare la propria città ha spesso contato più della posta in palio sportiva.
Il primo incontro ufficiale risale agli anni Trenta, in tornei minori, ma è tra gli anni Settanta e Ottanta che la rivalità assume i contorni più forti. In quel periodo la Cavese vive la sua epoca d’oro, arrivando a militare in Serie B e firmando l’impresa storica del 7 novembre 1982, quando vinse per 2-1 al “San Paolo” contro il Napoli di Maradona. Quell’exploit, che rese celebre il coro “Cavese, Cavese” in tutta Italia, rafforzò l’orgoglio metelliano e accese ulteriormente la contrapposizione con la Salernitana, considerata la “grande” del territorio provinciale.
Gli anni Ottanta e Novanta sono segnati da partite combattute e spesso da episodi di cronaca legati agli scontri tra tifoserie. Memorabile resta la sfida del 1983 al “Vestuti”, dove i sostenitori granata esposero striscioni ironici sul celebre successo cavese a Napoli, rivendicando il primato cittadino. I cavesi, dal canto loro, hanno sempre sottolineato con fierezza la loro capacità di emergere pur rappresentando una realtà più piccola, trasformando il derby in una battaglia di identità.
Un altro episodio curioso si lega agli anni Duemila, quando i due club si ritrovarono in Serie C. In una delle gare al “Simonetta Lamberti” di Cava, la tifoseria di casa organizzò una coreografia con riferimenti storici medievali, richiamando l’orgoglio della città longobarda. I granata risposero pochi mesi dopo con un corteo imponente a Salerno, ribadendo la centralità del capoluogo.
Nonostante la rivalità accesissima, non sono mancati momenti di rispetto reciproco. Nel 2019, in occasione della tragica scomparsa di un giovane tifoso cavese, i supporter della Salernitana esposero uno striscione di cordoglio allo stadio, dimostrando come dietro al campanilismo possa ancora emergere un senso di solidarietà.
Oggi Salernitana e Cavese vivono destini sportivi diversi, ma il derby continua a evocare un fascino particolare. Per le due tifoserie, rappresenta molto più di una semplice partita: è l’occasione per riaffermare la propria identità, mantenere viva una tradizione e scrivere un nuovo capitolo di una storia che dura da quasi un secolo.
La rivalità storica e territoriale
Già nel Medioevo i rapporti erano segnati da tensioni. Salerno, antica capitale longobarda e sede di istituzioni prestigiose come la Scuola Medica Salernitana, si è sempre percepita come città-guida del territorio. Cava, dal canto suo, trovava nella Badia della Santissima Trinità un punto di riferimento spirituale e culturale che ne accresceva il prestigio, oltre a una crescente autonomia amministrativa che la rendeva indipendente nelle decisioni civiche.
Nel periodo borbonico e poi nell’Ottocento unitario, la contrapposizione si accentuò. Salerno veniva indicata come centro amministrativo di riferimento, mentre Cava rivendicava il proprio ruolo come città con una forte identità autonoma, non volendo mai apparire subordinata al capoluogo. Le dispute riguardavano questioni pratiche – come l’assegnazione di uffici pubblici, servizi, infrastrutture – ma anche aspetti simbolici, legati al riconoscimento di un peso politico e culturale.
Un episodio emblematico fu la discussione, a più riprese tra Ottocento e Novecento, sul ruolo di Salerno come centro principale della provincia. Cava, con una borghesia dinamica e molto attiva, rivendicava maggiore considerazione, e non mancavano contrasti sulla gestione delle vie di comunicazione e dei collegamenti ferroviari, cruciali per il commercio e lo sviluppo economico.
Anche la sfera religiosa alimentò contrasti: Salerno con il suo arcivescovado, Cava con il prestigio della Badia. Le due città finivano spesso per rappresentare poli alternativi, ognuno con le proprie tradizioni e il proprio radicamento identitario.
Il Novecento, con la crescita del calcio come fenomeno di massa, ha trasportato questa rivalità storica sugli spalti. I derby tra Salernitana e Cavese hanno rappresentato la forma più evidente e popolare di un campanilismo che era già antico di secoli. Non si trattava solo di sostenere una squadra: era un modo per riaffermare la dignità della propria città, per ricordare che nessuna delle due voleva essere “ombra” dell’altra.