Cronaca Salerno, Salerno

Referendum a Salerno, viaggio nella memoria delle urne: dalla scelta per il Re alla disaffezione del 1990

referendum salerno storia 1990
Foto generica

Dal 1946 a oggi, i referendum in provincia di Salerno raccontano una storia di affluenza, cambiamenti culturali e partecipazione politica. La prima volta senza quorum fu nel 1990. Lo riporta l’odierna edizione del Mattino.

Referendum a Salerno, la storia

Settantanove anni di voti, idee, scelte. I referendum in provincia di Salerno raccontano una lunga e affascinante parabola storica: dall’impegno quasi assoluto del dopoguerra alla progressiva disaffezione degli ultimi decenni. È un viaggio tra dati, svolte sociali e riflessi locali della coscienza civica nazionale.

Tutto inizia nel 1946. Al referendum istituzionale, quando l’Italia era chiamata a scegliere tra Monarchia e Repubblica, l’affluenza nel salernitano toccò l’87,5%, poco sotto la media nazionale (89%). Ma a differenza del resto del Paese, qui vinse nettamente il “Re”: solo il 24,8% votò per la Repubblica.

Divorzio, aborto e laicità

Nel 1974, con il primo referendum abrogativo della storia italiana – quello sul divorzio – Salerno fece registrare il 79,2% di affluenza (contro l’87,7% nazionale). Vinse il Sì, quindi la volontà di abrogare la legge, ma a livello nazionale prevalse il No (59,2%), che ne sancì la conferma e rappresentò una svolta epocale verso la laicizzazione. Anche molti cattolici, sorprendentemente, difesero quella legge.

Nel 1978 si votò sul finanziamento pubblico ai partiti: anche qui Salerno fu più “progressista” del resto del Paese. Mentre in Italia il Sì (per l’abolizione) si fermò al 43,5%, in provincia superò il 54%. Un voto “profetico”, se si pensa che il finanziamento venne realmente abolito nel 1993.

Il 1981 segnò un altro passaggio fondamentale con due referendum anti-aborto promossi dai radicali e dal Movimento per la Vita. Il salernitano, con affluenza al 71,1%, si allineò perfettamente al sentire nazionale, respingendo nettamente entrambi i quesiti: solo il 14,7% votò con i radicali, il 32,2% col fronte anti-abortista. La distanza del 1946, almeno su questi temi, sembrava ormai colmata.

Gli anni ’80 tra consenso e protesta

Nel 1985, col governo Craxi, si votò per la reintroduzione della scala mobile. Anche in questo caso Salerno replicò il trend nazionale: affluenza al 70,6% (contro il 77,8%) e vittoria del No filo-governativo. Nel 1987, dopo Chernobyl, il referendum sul nucleare raccolse un consenso quasi plebiscitario: l’81,9% dei votanti in provincia scelse il Sì all’abrogazione, poco più della media nazionale.

Il quorum mancato e la fine di un’epoca

Il 3 giugno 1990 segnò una svolta: per la prima volta un referendum (contro la caccia e i pesticidi) non raggiunse il quorum, né in Italia (43%) né a Salerno (circa 41%). Un segnale chiaro di crescente disillusione. Ma l’anno successivo fu quello del “contro-Craxi”: il 9 giugno 1991 il leader socialista invitò gli italiani ad andare al mare, ma il 62,5% andò alle urne (58,3% a Salerno) e approvò in massa (oltre il 95%) la riduzione delle preferenze da tre a una per le elezioni della Camera. Era l’inizio della fine della Prima Repubblica.

Nel 1993 si votò su otto quesiti: abolizione del finanziamento pubblico, superamento del sistema delle USL e altro ancora. Salerno rispose con partecipazione, come il resto del Paese. E anche nel 1995, con ben 12 referendum (quattro dei quali sulle TV), l’Italia raggiunse il quorum, mentre a Salerno si fermò al 46%, anticipando il calo di interesse che sarebbe diventato cronico.

Dal 2000 in poi: l’eccezione del 2011

Negli ultimi vent’anni, quasi tutti i referendum abrogativi sono naufragati per il mancato raggiungimento del quorum. Fa eccezione il 2011, quando si votò contro la privatizzazione dell’acqua e sul nucleare. La campagna fu intensa e capillare: affluenza al 55% sia a livello locale sia nazionale, e vittoria schiacciante del Sì (oltre il 95%).

comune di salernoreferendum

Ultime notizie