Una sequenza di sparatorie, minacce e aggressioni che, tra settembre 2023 e febbraio 2024, trasformò Matierno in uno dei teatri più delicati della cronaca salernitana.
A distanza di mesi da quella scia di violenza, la Procura di Salerno ha chiuso il cerchio delle indagini chiedendo il rinvio a giudizio per tredici persone coinvolte, a vario titolo, negli episodi che segnarono profondamente il quartiere. Il pubblico ministero Francesca Fittipaldi ha formalizzato la richiesta, fissando per il 21 novembre l’udienza preliminare davanti al giudice Valeria Campanile come riportato dal quotidiano Il Mattino oggi in edicola.
Faida a Matierno: tredici imputati a processo
Tra gli imputati figurano Giuseppe Pietrofesa e Alfonso Irno, già arrestati nel giugno scorso dai carabinieri. Pietrofesa dovrà rispondere di tentato omicidio e detenzione illegale di armi e munizioni, mentre per Irno le accuse riguardano la minaccia aggravata dall’uso di arma da fuoco e la detenzione di pistole non denunciate. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, i due avrebbero alimentato una faida familiare culminata in una serie di agguati, sparatorie e atti intimidatori nel cuore del rione.
La prima scintilla scoppiò il 15 settembre 2023. Quel giorno, Irno avrebbe aperto il fuoco contro l’abitazione dei Pietrofesa. Poche ore dopo arrivò la ritorsione: Giuseppe Pietrofesa, con il consenso del padre Giorgio e dei fratelli Marco e Alfonso, avrebbe esploso quattro colpi contro Irno, mirando alla testa. Solo uno andò a segno, ferendo la vittima all’addome. Un colpo che avrebbe potuto essere mortale. La moglie e la figlia di Irno, Annunziata Vitolo e Mariangela Irno, secondo la Procura, tentarono poi di sviare le indagini, raccontando ai carabinieri che l’uomo era stato ferito in un incidente a Campigliano.
Ma la violenza non si fermò. Nel febbraio 2024, in un bar del quartiere, Irno avrebbe puntato una pistola contro Saverio Falcone, esplodendo colpi in aria. Falcone, per vendetta, avrebbe recuperato un’arma nascosta e tentato di ucciderlo, colpendo però accidentalmente un uomo che cercava di separarli.
Gli episodi richiamarono l’attenzione del Ministero dell’Interno, che li citò nella relazione annuale sugli atti intimidatori in provincia di Salerno. Le indagini portarono inoltre alla luce un’aggressione alle forze dell’ordine: durante un controllo nell’abitazione degli Irno, padre e figlio si scagliarono contro militari e poliziotti, ferendo otto agenti.
Il fascicolo comprende anche un ulteriore filone investigativo: cinque detenuti – Giovanni Luzzi, Daniele Abate, Armando Mastrogiovanni, Donato Bernardo Criscuoli e Santo Pecoraro – sono accusati di aver utilizzato telefoni cellulari dal carcere per mantenere i contatti con i protagonisti della faida e gestire i rapporti di forza all’interno del quartiere.