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Eboli, dopo il drammatico incidente Carmine torna a casa: “Pronto ad affrontare la vita da un’altra altezza”

Crollo albero Università Salerno indagine

Carmine Fiorillo

È tornato a casa, accolto dall’affetto di familiari e amici, Carmine Fiorillo, 26 anni, di Eboli, nove mesi dopo il grave incidente che lo aveva ridotto in fin di vita. Il giovane, volontario nella parrocchia del Sacro Cuore, è stato festeggiato il 7 agosto scorso con una cerimonia nella chiesa che lo ha visto impegnato per anni, dopo un lungo percorso di cure e riabilitazione.

Eboli, dopo il drammatico incidente Carmine Fiorillo torna a casa

Come raccontato in un’intervista al Corriere del Mezzogiorno, il 30 novembre 2024, durante il suo primo giorno di corso TFA al campus universitario di Fisciano, Fiorillo fu travolto da un pino alto circa 15 metri, abbattuto da violente raffiche di vento. Con lui c’erano altri due ragazzi, ma a riportare le conseguenze più gravi fu proprio Carmine: trauma cranico, lesione alla colonna vertebrale, fratture multiple a costole e bacino.

Ricoverato in condizioni critiche all’ospedale “Ruggi d’Aragona” di Salerno, venne sottoposto a un delicato intervento chirurgico alla testa e rimase in coma fino alla vigilia di Natale. «Non ricordo nulla dell’accaduto – ha spiegato – e anche al risveglio non avevo subito coscienza della gravità della situazione». Nei primi giorni, impossibilitato a parlare, comunicava tramite gesti o scrivendo su una tastiera di carta portata dalla madre. A febbraio, rimossa la cannula della tracheotomia, ha riacquistato la parola.

Dopo quattro mesi in ospedale, Fiorillo ha proseguito le cure in un centro di riabilitazione a Imola, dove è rimasto per altri quattro mesi e mezzo, recuperando forza e autonomia. Oggi si muove su una sedia a rotelle, ma guarda al futuro con determinazione: «Spero di riprendere l’uso delle gambe, ma se non dovesse accadere sono già pronto ad affrontare la vita così».

Il giovane ha espresso profonda gratitudine alla madre Francesca, sempre al suo fianco, al padre Sergio, al fratello Filippo, ai medici e a chi ha pregato per lui. «Nella sfortuna – ha detto – c’è stato anche un pizzico di fortuna. Poteva andare peggio».

Un percorso di rinascita che, come ricorda la sua famiglia, è stato reso possibile anche grazie all’impegno di chi, in ospedale, “ha sperato contro ogni speranza e lottato contro ogni difficoltà”.

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