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Droga dal Sudamerica al porto di Salerno: chieste le prime condanne per il gruppo Memoli

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Porto di Salerno
Porto di Salerno

Un traffico internazionale di droga con base logistica nel porto di Salerno. È questa l’accusa mossa dalla Procura nei confronti del gruppo criminale che avrebbe fatto capo a Tiziano e Carmine Memoli, ritenuti promotori di un’organizzazione capace di movimentare ingenti quantitativi di cocaina provenienti dal Sudamerica come riportato dal quotidiano Il Mattino oggi in edicola.

Droga dal Sudamerica al porto di Salerno: chieste cinque condanne

Nella giornata di ieri, davanti al gup Annamaria Ferraiolo, il pubblico ministero Guglielmo Valenti ha avanzato richieste di condanna per cinque imputati che hanno scelto il rito abbreviato. Complessivamente sono stati chiesti 30 anni e 8 mesi di carcere: 8 anni ciascuno per Alessio Stornante e Donato Garripoli, 6 anni per Carmine Ferrara, 4 anni e 8 mesi per Gennaro Memoli e 4 anni per Francesco Basso. Le prossime udienze saranno dedicate alle arringhe difensive, al termine delle quali il giudice si pronuncerà.

Secondo l’impianto accusatorio, il gruppo sarebbe stato in grado di introdurre nel porto commerciale di Salerno carichi di cocaina occultati nei container. Solo nei primi mesi del 2022, l’organizzazione avrebbe gestito complessivamente 650 chili di droga: 250 chili sequestrati dai carabinieri nello scalo cittadino e altri 400 intercettati dalla Guardia di Finanza nel porto di Civitavecchia su una nave diretta a Salerno.

La Procura contesta agli indagati, a vario titolo, l’associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti (cocaina, hashish e marijuana) e diversi reati connessi all’importazione e alla cessione delle sostanze. Nel corso delle indagini furono sequestrati anche 7 chili di hashish e circa 7,5 chili di marijuana.

Il modus operandi

Le attività investigative, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Salerno e condotte dai carabinieri tra il 2021 e il 2022, hanno ricostruito la presunta rete di contatti del sodalizio. Fondamentale, secondo gli inquirenti, sarebbe stato il ruolo di Antonio Apicella, autotrasportatore con accesso diretto alle aree portuali, che avrebbe consentito il recupero dei carichi. In cambio, il gruppo tratteneva una parte della merce come corrispettivo dell’operazione.

Gli investigatori ritengono che i Memoli – padre e figlio – si fossero garantiti rapporti con fornitori internazionali e che, oltre al mercato locale, fossero riusciti a rifornire aree limitrofe. In particolare, la Basilicata, attraverso i contatti con Donato Garripoli, e la Puglia, con l’intermediazione di Alessio Stornante.

Dopo la requisitoria del pubblico ministero, la parola passerà alle difese. Intanto, il dibattimento per i presunti vertici dell’organizzazione, già rinviati a giudizio, prenderà avvio nelle prossime settimane. L’inchiesta ha acceso i riflettori su uno snodo strategico, il porto di Salerno, ritenuto dagli inquirenti un punto vulnerabile per l’ingresso di stupefacenti nel territorio campano e nel resto del Sud Italia.

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