Nel 2025, il Salernitano si trova a fronteggiare una crisi demografica senza precedenti. Il numero delle nascite nei primi sei mesi dell’anno si attesta a quota 2.149, in netto calo rispetto alle 2.333 dello stesso periodo del 2024. Una flessione significativa che non si limita a un dato numerico, ma assume i contorni di un’emergenza strutturale, con ripercussioni trasversali su economia, società, istruzione e coesione territoriale come riportato dal quotidiano Il Mattino oggi in edicola.
Culle vuote nel Salernitano: allarme denatalità
Il fenomeno colpisce anche il capoluogo, Salerno, dove nei primi sei mesi dell’anno sono nati solo 213 bambini. A certificare il quadro è lo studio demografico Istat 2025. Un ulteriore indicatore preoccupante proviene dagli uffici comunali, che registrano appena 15 richieste per il pasto gratuito destinato al terzo figlio. Un dato che evidenzia la rarefazione delle famiglie numerose, un tempo elemento centrale dell’identità meridionale.
Il progressivo calo delle nascite ha già iniziato a modificare il paesaggio sociale urbano: meno bambini significano meno famiglie, minore domanda abitativa e impoverimento del tessuto comunitario. Le ricadute sono tangibili anche in ambito scolastico.
Scuole svuotate e didattica a rischio
La denatalità nel Salernitano ha avviato un processo di desertificazione scolastica. Molti istituti sono costretti a chiudere sezioni per insufficienza di iscritti, determinando accorpamenti che incidono negativamente sulla qualità della didattica. I docenti, di fronte a un numero ridotto di alunni e sezioni, devono gestire più classi o spostarsi tra plessi diversi, con ricadute sull’efficacia formativa e sull’equilibrio organizzativo. A pagarne il prezzo più alto sono i bambini e le bambine in età prescolare, privati di occasioni fondamentali di socializzazione e apprendimento.
Cause strutturali e scenari futuri
Secondo l’analisi dei dati, il calo delle nascite non è un episodio isolato, ma il risultato di una somma di fattori: instabilità economica, precarietà lavorativa, carenza di servizi per l’infanzia, difficoltà di conciliazione tra vita privata e lavoro, sfiducia diffusa nelle prospettive future. In questo contesto, molte coppie scelgono di posticipare o rinunciare alla genitorialità, oppure di trasferirsi in altre regioni o all’estero in cerca di condizioni migliori.
La denatalità, sottolineano gli esperti, non è un destino ineluttabile ma una dinamica modificabile attraverso precise scelte politiche. Diventa quindi prioritario l’intervento delle istituzioni locali, chiamate a elaborare strategie mirate: agevolazioni fiscali per le famiglie, potenziamento dei servizi educativi, realizzazione di asili pubblici accessibili, sostegno al lavoro femminile, promozione della genitorialità condivisa.
Ripensare il territorio in un’ottica “family friendly” diventa un imperativo per invertire la rotta. Occorre una nuova visione urbanistica e sociale, in grado di promuovere la natalità come bene comune e investimento per il futuro.