Si è svolto ieri al Ministero delle Imprese e del Made in Italy il primo incontro tra Governo, sindacati e vertici aziendali per affrontare la crisi dello stabilimento Cooper Standard di Battipaglia, sito attivo nella produzione di componentistica per il settore automotive. Un appuntamento definito interlocutorio dalle sigle sindacali Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil, ma considerato necessario per avviare un percorso in grado di fornire risposte ai 370 lavoratori coinvolti come riportato dal quotidiano Il Mattino oggi in edicola.
Crisi Cooper Standard, primo tavolo al Ministero
Al centro della vertenza c’è la decisione della multinazionale di ridurre la presenza industriale in Europa, scelta che ha alimentato incertezze e timori per il futuro delle maestranze. La mobilitazione è in corso dal 13 settembre: da oltre venti giorni i lavoratori presidiano i cancelli della fabbrica, in stato di sciopero permanente, chiedendo chiarezza sulle reali intenzioni della società.
Durante l’incontro, i rappresentanti sindacali hanno ribadito la necessità di trasparenza e l’urgenza di un piano industriale credibile, capace di garantire la continuità produttiva e salvaguardare i livelli occupazionali. Le organizzazioni sindacali hanno inoltre sollecitato l’azienda a farsi carico dei costi sostenuti dai lavoratori durante le giornate di protesta.
Dal canto suo, il Governo ha assicurato un ruolo attivo nella gestione della vertenza, un impegno accolto positivamente dai sindacati, che ora attendono però misure concrete e non soltanto dichiarazioni di principio. Il tavolo ministeriale è stato aggiornato all’8 ottobre, data entro la quale le parti si aspettano che Cooper Standard chiarisca definitivamente le prospettive dello stabilimento battipagliese e presenti eventuali proposte per il rilancio.
La crisi dello stabilimento non è soltanto una vicenda aziendale, ma una questione che tocca l’intero territorio. La fabbrica rappresenta infatti un presidio industriale strategico, sia per l’elevato numero di occupati sia per l’indotto che genera. Un’eventuale chiusura determinerebbe un colpo pesantissimo per l’economia locale, già segnata da altre criticità occupazionali.
Nei prossimi giorni sarà dunque decisivo comprendere se la multinazionale intenda effettivamente disimpegnarsi o se esistano margini per una soluzione condivisa. L’attenzione resta alta: da una parte i lavoratori, che chiedono risposte e tutele, dall’altra l’azienda, chiamata a rompere il silenzio e a confrontarsi apertamente con sindacati e istituzioni. Sul tavolo c’è una posta che va oltre i numeri: riguarda il lavoro e la dignità delle persone.