Una recente pronuncia della Corte dei Conti – Sezione Giurisdizionale di Milano – introduce un elemento rilevante nel dibattito giuridico legato all’accesso al pubblico impiego e ai casi di presunte irregolarità nei titoli di studio.
La decisione riguarda un collaboratore scolastico della provincia di Salerno, indicato con le iniziali L. S., coinvolto nell’indagine sui cosiddetti “diplomifici”, per il quale il Ministero dell’Istruzione aveva chiesto la restituzione delle retribuzioni percepite durante gli anni di servizio.
L’azione erariale avviata dal Ministero mirava a dimostrare che il dipendente avesse ottenuto l’assunzione sulla base di un titolo ritenuto sospetto o non conforme ai requisiti previsti.
La difesa, rappresentata dall’avvocato Danilo Albano, ha costruito un impianto argomentativo di natura sia giuridica sia fattuale, puntando sul principio secondo cui non può configurarsi danno erariale nel caso in cui il lavoratore abbia svolto regolarmente e integralmente le proprie mansioni.
Corte dei Conti, assolto collaboratore scolastico salernitano
Gli elementi acquisiti in sede processuale hanno evidenziato come il collaboratore fosse in possesso di un diploma conseguito nel 2012, antecedente alla sua immissione in servizio. Inoltre, non risultano contestazioni disciplinari né segnalazioni relative all’inadeguatezza dell’operato: il dipendente ha lavorato continuativamente, senza interruzioni e secondo i parametri previsti dal profilo professionale.
Il punto centrale della sentenza risiede nel riconoscimento del nesso tra prestazione lavorativa effettivamente resa e diritto alla retribuzione.
La Corte ha richiamato, in particolare, l’articolo 36 della Costituzione, che sancisce la corrispondenza tra lavoro svolto e compenso spettante. Secondo il collegio giudicante, eventuali irregolarità nella fase di accesso al ruolo attengono alla correttezza della procedura concorsuale e ai rapporti tra i candidati, ma non possono tradursi in un obbligo di restituzione degli stipendi se la prestazione è stata erogata in modo pieno e conforme.
La decisione della Corte dei Conti assume rilievo oltre il caso specifico. Il principio stabilito potrebbe orientare future controversie riguardanti lavoratori oggetto di indagini analoghe, soprattutto in situazioni in cui il titolo di studio sia contestato a posteriori, ma non venga messa in discussione la qualità del servizio prestato. L’assoluzione di L. S. rappresenta, dunque, un precedente destinato a incidere sulla giurisprudenza in materia di pubblico impiego, con possibili ripercussioni per numerosi procedimenti ancora pendenti su tutto il territorio nazionale.








