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Coltivazione di marijuana a Capaccio: condanna definitiva a 2 anni e 8 mesi per un 42enne

Operazione anti droga Monti Lattari sequestrate 15 piante marijuana
Foto di repertorio

È diventata definitiva la condanna a 2 anni e 8 mesi di reclusione per un 42enne originario di Gragnano e residente a Scafati, ritenuto responsabile della gestione di una vasta piantagione di marijuana scoperta nel 2021 in località Certo, nel territorio comunale di Capaccio Paestum. L’uomo era già stato riconosciuto colpevole in primo grado con rito abbreviato, sentenza confermata anche in appello. La Corte di Cassazione ha ora dichiarato inammissibili i ricorsi della difesa, rendendo così esecutiva la condanna come riportato dal quotidiano Il Mattino.

Coltivazione di marijuana a Capaccio: condanna definitiva

Il blitz che portò alla scoperta della coltivazione fu condotto dalla polizia locale, con il sequestro di 2.615 piante e 455 arbusti di marijuana essiccata, occultati sotto teli neri e pronti per l’imbustamento. Complessivamente furono recuperati 16 chili di sostanza stupefacente, da cui sarebbero state potenzialmente ricavabili oltre 660mila dosi medie droganti.

Il terreno dove era stata allestita la coltivazione, preso in affitto da terzi, era stato trasformato in una vera e propria struttura produttiva, dotata di impianti per l’irrigazione e la cura delle piante. Le indagini permisero di raccogliere elementi anche tramite attività di intercettazione, da cui emersero comunicazioni legate alla gestione dell’intera piantagione. Alcuni degli indagati, compreso il 42enne, vennero individuati come figure centrali nell’organizzazione.

La difesa aveva impugnato la sentenza fino alla Suprema Corte, contestando in particolare la motivazione delle precedenti decisioni, la mancata concessione delle attenuanti generiche, l’assenza di collegamenti con associazioni criminali e l’inesistenza di precedenti penali recenti. L’imputato, infatti, aveva già scontato pene pregresse senza violazioni.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto infondate tutte le doglianze. Nella motivazione si legge che la Corte territoriale ha ricostruito con rigore l’intera vicenda, riconoscendo la responsabilità penale dell’uomo sulla base di «indizi gravi, precisi e concordanti», escludendo qualsiasi vizio logico nella valutazione delle prove. È stata inoltre evidenziata «l’elevata pericolosità sociale» del fatto, considerata la quantità di stupefacente e la struttura organizzativa dell’attività illecita, gestita con l’ausilio di almeno un’altra persona e finalizzata all’immissione della droga sul mercato.

 

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