Cronaca Salerno, Salerno

Clan Fezza-De Vivo, 21 condanne: oltre un secolo di carcere per estorsioni, attentati e aggressioni

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Il processo si è concluso con condanne per 21 affiliati al clan Fezza-De Vivo: oltre 127 anni di carcere per estorsioni, attentati incendiari, aggressioni e traffici illeciti nel territorio di Pagani. Lo riporta l’odierna edizione del Mattino

Clan Fezza-De Vivo: 21 condanne e 127 anni di carcere per estorsioni e attentati

Si è chiuso con una raffica di condanne il procedimento abbreviato legato al secondo troncone d’indagine sul gruppo criminale Fezza-De Vivo di Pagani. Il giudice Marilena Albarano ha inflitto complessivamente circa 127 anni di reclusione a 21 imputati accusati, a vario titolo, di estorsioni, uso di armi, incendi dolosi, esplosioni e pestaggi riconducibili alle attività del sodalizio.

I nomi

Le pene riguardano:

  1. Felice Aquino (10 anni),
  2. Carmine Amoruso (5 anni),
  3. Marco Amoruso (3 anni e 2 mesi),
  4. Franco Buono (6 anni e 8 mesi),
  5. Raffaele Carillo (2 anni e 8 mesi),
  6. Salvatore Casillo (2 anni e 8 mesi),
  7. Gennaro Cirota (4 anni),
  8. Daniele Confessore (5 anni),
  9. Carlo Cordiano (7 anni),
  10. Andrea De Vivo (5 anni),
  11. Giuseppe D’Auria (10 anni e 4 mesi),
  12. Francesco Fezza (3 anni),
  13. Nicola Francese (7 anni e 4 mesi),
  14. Domenico Galasso (8 anni),
  15. Stefano Gambardella (7 anni),
  16. Rosario Giugliano (5 anni),
  17. Tommaso Salvatore Iervolino (6 anni e 4 mesi),
  18. Alfonso Manzella (8 anni),
  19. Giuseppe Nappo (8 anni e 4 mesi),
  20. Giovanni Orefice (2 anni e 8 mesi)
  21. Diego Pagano (8 anni e 8 mesi).


È stato assolto Emanuele Amarante, mentre per alcuni imputati – tra cui Marco Amoruso, Buono, Carillo, Casillo, Cirota, Cordiano, Galasso, Liguori, Manzella e Nappo – sono cadute ulteriori contestazioni.

Il quadro investigativo

Questo filone, successivo alla maxi-operazione del dicembre 2022, ha permesso a carabinieri e polizia – sotto il coordinamento dell’Antimafia – di portare alla luce nuovi episodi grazie anche alle analisi dei telefoni criptati utilizzati dagli affiliati ai clan Fezza-De Vivo e al gruppo guidato da Rosario Giugliano. Fra i fatti ricostruiti ci sono:

  • un tentativo di estorsione ai danni di una ditta di distribuzione all’ingrosso di Pagani, sfociato prima nel posizionamento di un ordigno e poi nell’incendio di un autocarro, con due giovani incaricati dell’azione intimidatoria;

  • il rogo di un negozio di casalinghi;

  • l’aggressione nei confronti del rivale Antonio D’Auria Petrosino;

  • altre richieste estorsive rivolte a un’industria conserviera di San Marzano, a un’agenzia di pompe funebri e a un’azienda operante nel settore delle videoslot.

Secondo quanto riferito da Giugliano ai magistrati, l’ex boss avrebbe tentato anche di inserirsi negli affari della zona industriale di Fosso Imperatore, a Nocera Inferiore, con la complicità di due imprenditori locali. Un capitolo specifico dell’indagine ha riguardato inoltre il tentato omicidio dell’ex collaboratore di giustizia Carmine Amoruso. Per quell’azione, Giugliano avrebbe mobilitato cinque persone incaricate di recuperare i sicari, organizzare la fuga, effettuare sopralluoghi e far sparire le armi. Il quadro accusatorio comprende, a vario titolo, reati di associazione mafiosa, estorsione, violenza privata, traffico di droga e detenzione di armi, emersi anche nell’ambito di un summit di camorra con un gruppo criminale napoletano. Le motivazioni saranno depositate entro 90 giorni.

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