Ogni 15 giugno il Cilento si raccoglie nel nome di San Vito Martire: tra processioni, spighe benedette e taralli votivi. Una tradizione antica che intreccia fede, cultura e identità locale. Lo riporta InfoCilento.
Il Cilento celebra San Vito: fede, storia e riti contadini
È una fede che attraversa i secoli e si rinnova nel cuore della gente: San Vito Martire torna a essere protagonista del calendario religioso cilentano. Tra racconti antichi e gesti di devozione, il 15 giugno si celebra una delle figure più amate del sud Italia, profondamente radicata nella cultura popolare locale.
Un giovane martire tra leggenda e devozione
La storia di San Vito inizia nella Sicilia del III secolo, dove secondo la tradizione nacque nel 286 d.C. da genitori di diversa fede: padre pagano, madre cristiana. Cresciuto sotto la guida della nutrice Crescenzia e del maestro Modesto, si convertì giovanissimo al cristianesimo. Una scelta che lo condusse prima alla fuga, poi alla persecuzione.
Fuggito dalla Sicilia, San Vito approdò nel territorio cilentano, lungo le rive del fiume Sele, dove continuò a predicare e compiere prodigi. Nonostante le torture inflitte per ordine dell’imperatore Diocleziano, il giovane martire rimase saldo nella fede. Morì nel 303 d.C. assieme ai suoi protettori, ma la sua memoria non è mai svanita.
Riti contadini, spighe benedette e taralli votivi
Nel Cilento, il culto di San Vito ha radici profonde e prende forma attraverso simboli semplici ma densi di significato. Ogni anno, a Capaccio, si rinnovano i gesti della tradizione: i contadini raccolgono spighe di grano per portarle in chiesa, mentre a Felitto e Bellosguardo si distribuiscono i taralli benedetti, tipici dolci votivi legati alla figura del Santo. Una leggenda racconta che fu proprio San Vito a chiedere a Gesù di lasciare intatta la cima della spiga per sfamare i cani, animali che spesso lo accompagnano anche nell’iconografia religiosa.
Chiese, reliquie e un culto che resiste al tempo
Nel cuore del Cilento, il nome di San Vito è scolpito nella pietra e nella memoria. La chiesa di San Vito nella Piana del Sele, citata già nel 1042, e la cappella eretta sul luogo del martirio, tra Felitto e Bellosguardo, sono tappe fondamentali per i pellegrini. A Pisciotta, inoltre, si custodisce una preziosa ampolla contenente il sangue del Santo, una delle oltre 150 reliquie diffuse in Europa.
Una fede che unisce comunità e generazioni
Durante la novena che precede il 15 giugno, le comunità cilentane si stringono attorno alla figura del Santo, affidandogli preghiere, speranze e gratitudine. San Vito continua a essere, ancora oggi, esempio di coraggio giovanile, purezza e resistenza spirituale, una figura che ispira generazioni e custodisce l’identità religiosa del territorio.