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Cassazione annulla le condanne ai “ragazzi di via Irno”: processo da rifare per tre imputati

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Foto di repertorio
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Nuovo capitolo giudiziario nel caso dei cosiddetti “ragazzi di via Irno”, il gruppo ritenuto responsabile di un vasto traffico di droga tra Salerno e l’Agro nocerino. Come riporta Il Mattino, la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio le condanne inflitte a Giorgio Pietrofesa, Carmine Grimaldi e Mario Grimaldi, disponendo che il processo venga rifatto davanti a un’altra sezione della Corte d’appello.

Cassazione annulla le condanne ai “ragazzi di via Irno”

I tre imputati, difesi dagli avvocati Antonietta Cennamo, Antonio Abet e Francesco Saverio Dambrosio, erano stati condannati a pene elevate in secondo grado, nel settembre 2024, con rito ordinario. Gli altri presunti membri del sodalizio, invece, avevano optato per il rito abbreviato. I giudici della Suprema Corte hanno disposto un nuovo esame delle accuse, in particolare quelle legate all’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e ai singoli episodi di spaccio contestati.

Le indagini, condotte dai carabinieri della compagnia di Salerno, avevano portato nel settembre 2021 all’arresto di 23 persone nell’ambito dell’operazione “Porta a porta”. Secondo l’accusa, il gruppo criminale avrebbe gestito un servizio di consegna a domicilio di droga, utilizzando telefoni dedicati per ricevere ordini, comunicare disponibilità e indirizzare i clienti verso specifiche sostanze. Gli investigatori ricostruirono un sistema capillare, attivo dal 2018, che non si sarebbe mai fermato nemmeno durante la pandemia e che avrebbe garantito un giro d’affari superiore al milione di euro l’anno.

Gli spacciatori, per eludere i controlli, cambiavano frequentemente utenze telefoniche, veicoli e punti di incontro. Le piazze principali individuate erano localizzate tra Salerno, in particolare nella zona di via Irno, e i comuni di Cava de’ Tirreni e Nocera Superiore. Il gruppo, secondo gli inquirenti, operava con una struttura stabile, gerarchica e ben organizzata, con una rete di pusher e collaboratori incaricati di distribuire le dosi sul territorio.

Al vertice del sodalizio, sempre secondo l’impianto accusatorio, figurava Aniello Pietrofesa, descritto come il “capo dei capi”, capace di gestire l’intera catena di approvvigionamento e di risolvere le controversie interne. Accanto a lui, il fratello maggiore Giorgio avrebbe curato i contatti con i fornitori napoletani e coordinato le operazioni logistiche, mentre i Grimaldi avrebbero avuto ruoli operativi nelle attività di smistamento e vendita.

Ora la parola torna ai giudici di appello, che dovranno riesaminare nel dettaglio il materiale probatorio e motivare nuovamente le decisioni relative alla presunta associazione criminale e ai singoli reati di spaccio. Le motivazioni della Cassazione saranno decisive per comprendere le ragioni che hanno portato all’annullamento e per delineare i margini del nuovo processo.

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