La Corte di Cassazione ha messo la parola fine al ricorso presentato dalla Procura di Salerno, confermando il diniego della misura cautelare nei confronti del giovane accusato del lancio di una bomba carta nei pressi di Questura e Prefettura. Una decisione che ribadisce, ancora una volta, la mancanza di elementi tecnici e indiziari ritenuti necessari per procedere con un arresto.
Perché l’arresto è stato negato
La Prima Sezione Penale ha infatti stabilito che non esistono prove sufficienti — né a livello tecnico, né sul piano dell’identificazione — per disporre i domiciliari nei confronti del 23enne coinvolto nelle indagini.
La Procura aveva chiesto una misura restrittiva per reati gravi come pubblica intimidazione o, in via subordinata, detenzione di esplosivi, ma i giudici della Suprema Corte hanno confermato quanto già affermato dal Tribunale del Riesame: gli elementi a carico dell’indagato non sono tali da giustificare una privazione della libertà.
Identificazione incerta: barba e scarpe non bastano
Uno dei nodi centrali della vicenda riguarda proprio l’identificazione del giovane.
Sebbene il presunto complice sia stato riconosciuto con sicurezza, per il 23enne le prove risultano deboli. I giudici hanno evidenziato che:
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la barba “simile” a quella dell’attentatore,
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le scarpe “compatibili” con quelle viste nei filmati,
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e la semplice frequentazione con l’altro indagato
non costituiscono un quadro probatorio solido. Indumenti comuni e una generica somiglianza non possono essere alla base di un arresto, ha stabilito la Cassazione.
Il nodo tecnico: nessuna perizia sull’ordigno
Elemento decisivo è stata l’assenza di qualsiasi accertamento tecnico sulla bomba carta.
Per contestare i reati più gravi serve dimostrare che l’ordigno avesse:
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reale potenziale offensivo,
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capacità di recare danno alla collettività,
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e una finalità intimidatoria o lesiva.
Senza una perizia, è impossibile provare il “dolo specifico” richiesto dalla norma.
La Corte sottolinea che, non essendo mai stata accertata la micidialità dell’ordigno, il fatto potrebbe rientrare nella più lieve violazione dell’art. 703 c.p. (“accensioni ed esplosioni pericolose”), per la quale non è prevista alcuna misura cautelare.
Caso chiuso: ricorso rigettato
Dopo aver chiarito che, anche volendo, non si sarebbe potuto disporre alcun arresto per il reato configurabile, la Cassazione ha dichiarato superfluo soffermarsi ulteriormente sugli indizi. Il ricorso della Procura è stato quindi respinto, confermando integralmente la decisione del Riesame.








