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Bomba a Ogliara, l’ombra del messaggio ai Viviani: la rete di spaccio smantellata svela incroci e nuovi equilibri criminali

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La Polizia

Come riportato dal quotidiano Il Mattino oggi in edicola, l’ordigno ritrovato il 28 novembre a Ogliara potrebbe essere stato un segnale diretto alla famiglia Viviani, oggi al centro dell’operazione antidroga condotta dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Salerno.

Proprio in quello stesso civico, teatro del ritrovamento della bomba, è stata individuata la base logistica della struttura di spaccio smantellata mercoledì all’alba, in esecuzione dell’ordinanza firmata dal Gip Francesco Guerra su richiesta della Procura guidata da Rocco Alfano. Otto persone sono finite in carcere, undici ai domiciliari, mentre gli indagati complessivi risultano ventisei.

Bomba a Ogliara, l’ombra del messaggio ai Viviani

Dalle carte dell’inchiesta emerge un quadro articolato, che ricostruisce modalità operative, ruoli e dinamiche interne della rete criminale. Il materiale raccolto in circa due anni di indagine evidenzia punti sensibili della città già finiti sotto i riflettori per episodi intimidatori, mostrando come alcune zone siano diventate crocevia di attività illecite e come volti noti delle cronache recenti risultino collegati alla filiera dell’approvvigionamento di crack e cocaina. Secondo gli investigatori, gran parte del mercato cittadino si riforniva dai Viviani, che garantivano forniture costanti e un’organizzazione strutturata.

Il 28 novembre, il ritrovamento dell’ordigno fece ipotizzare un possibile regolamento di conti, ma le indagini rimasero coperte dal massimo riserbo. Quel luogo, però, è riemerso come fulcro della rete: l’abitazione di Mario Viviani, del padre Crescenzo e della compagna Lucia Franceschelli, tutti attualmente detenuti. In quelle stanze lo stupefacente veniva stoccato, suddiviso e preparato, con un sistema di turnazioni continuo dei pusher. La gestione, assimilata dagli inquirenti a un modello aziendale, prevedeva reperibilità h24, compensi variabili e rigidi criteri interni. Le intercettazioni indicano una remunerazione settimanale oscillante intorno ai 380-500 euro. Secondo i conteggi riportati dagli stessi affiliati, Mario Viviani avrebbe accumulato fino a 70mila euro al mese.

La distribuzione avveniva in bar, parcheggi e zone particolarmente esposte, come il ponte di Fratte o l’area di Pastena vicino alla chiesa del Volto Santo, già scenario di una bomba contro un autonoleggio e di un colpo d’arma da fuoco esploso contro una vetrina. Pur senza riscontri diretti, gli elementi raccolti lasciano presagire l’esistenza di un ulteriore filone investigativo volto a definire dinamiche e conflitti tra gruppi criminali in competizione per il controllo del territorio.

Le carte descrivono anche la separazione di Vito Votta, oggi in carcere, dal gruppo dei Viviani. La frattura, riferita dalla madre ai militari, sarebbe nata per compensi ritenuti troppo bassi rispetto al rischio. Una volta scoperta l’attività autonoma, i Viviani avrebbero convocato Votta mettendolo sotto pressione. Nonostante il tentativo della madre di minimizzare la portata del giro, le verifiche mostrano un’attività ben avviata, con epicentro spostato fino a Bellizzi, dove Votta e la compagna Rosaria Landi, ai domiciliari, faticavano a gestire la crescente domanda. Il gruppo avrebbe inoltre stabilito nuovi canali di rifornimento legati al clan Giugliano dell’Agro e attivi nella Piana del Sele.

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