Un 31enne del clan Fezza-De Vivo è sfuggito al blitz antimafia a Pagani: ricerche serrate in corso. Il giovane, figura centrale del gruppo, gestiva droga, cassa comune e punizioni interne. Lo riporta l’odierna edizione del Mattino.
Pagani, colpo al clan Fezza-De Vivo: 31enne sfuggito al blitz, ricerche in corso
Un trentunenne legato al clan Fezza-De Vivo è riuscito a sottrarsi alla vasta operazione antimafia di qualche giorno fa. Il suo ruolo, all’interno della struttura criminale radicata a Pagani, viene considerato di rilievo. Per lui, come per gran parte degli oltre ottanta indagati, il Gip aveva disposto la custodia cautelare in carcere.
Le forze dell’ordine sono impegnate da giorni in ricerche senza sosta per rintracciare il giovane, la cui fuga ricorda da vicino quanto già accaduto nel 2022, quando i vertici del clan riuscirono a sfuggire all’arresto salvo essere catturati solo mesi dopo. Da allora, la Direzione Distrettuale Antimafia sta indagando su possibili fughe di notizie che potrebbero aver favorito la latitanza di alcuni membri del gruppo.
Il ricercato
Il ricercato, appartenente alla famiglia Fezza, non sarebbe una figura marginale: secondo l’inchiesta coordinata dalla pm Elena Guarino, partecipava attivamente alla gestione della cassa comune, curava il sostegno economico ai detenuti, organizzava rifornimenti di stupefacenti e controllava le piazze di spaccio. Inoltre, avrebbe avuto un ruolo nelle azioni punitive contro chi non rispettava gli accordi economici con l’organizzazione. Un’intercettazione agli atti dimostra che il trentunenne era consapevole dell’imminente rischio di arresto, tanto da preoccuparsi di mettere al sicuro la propria famiglia.
L’indagine della Dda ha ricostruito una struttura piramidale con un vertice formato dai familiari dei boss detenuti, i quali, nonostante la reclusione, continuavano a impartire ordini e a coordinare le attività criminali: dalle estorsioni agli omicidi mancati, dalle aggressioni violente al traffico di armi e droga. Decine di conversazioni intercettate da polizia, carabinieri e guardia di finanza hanno confermato l’esistenza di una vera e propria associazione mafiosa.
Le sentenze
Negli ultimi due anni, quattro diverse sentenze hanno già certificato la natura criminale del clan. L’inchiesta ha inoltre portato alla luce altre attività illecite, come un traffico sistematico di auto rubate, rivendute attraverso il meccanismo del “cavallo di ritorno”. Gli interrogatori degli indagati arrestati, iniziati davanti al Gip nel fine settimana, proseguiranno nei prossimi giorni. L’indagine resta aperta, mentre la caccia al latitante continua senza tregua.