Cronaca Salerno, Salerno

Agropoli, la madre di Annalisa Rizzo rompe il silenzio: “Ferita dall’indifferenza delle istituzioni”

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Annalisa Rizzo e Vincenzo Carnicelli
Annalisa Rizzo e Vincenzo Carnicelli

«Scrivo questa lettera con il cuore spezzato e l’anima ferita»: inizia così il toccante appello pubblico di Giovanna Maria Russo, madre di Annalisa Rizzo, la donna di 43 anni uccisa a coltellate dal marito Vincenzo Carnicelli, che poi si è tolto la vita, nel gennaio 2024 ad Agropoli.

A oltre un anno dalla tragedia consumatasi in via Donizetti, e dopo la chiusura dell’indagine con decreto di archiviazione da parte del Tribunale di Vallo della Lucania, la madre della vittima ha deciso di rendere pubblica una lettera rivolta all’Amministrazione comunale, alle Istituzioni e all’intera comunità come riportato dal quotidiano Il Mattino oggi in edicola.

Agropoli, la madre di Annalisa Rizzo rompe il silenzio

Nel documento emerge una forte delusione per l’assenza di reazioni pubbliche seguite alla morte della figlia. La signora Russo denuncia quello che definisce «un vuoto istituzionale» e «un’indifferenza che pesa come un macigno», lamentando il silenzio che avrebbe aggravato ulteriormente il dolore. «Mi sarei aspettata, in un momento così devastante, un gesto di vicinanza, un segnale che la comunità che mia figlia ha abitato e amato non l’avesse dimenticata», scrive.

L’appello è anche una richiesta concreta di impegno civico e politico: la madre di Annalisa invita il Comune ad avviare iniziative di sensibilizzazione, a creare spazi sicuri per le donne e a investire in politiche di prevenzione della violenza di genere. «La perdita di mia figlia – si legge ancora – non è solo la mia perdita: è una ferita per ogni donna che vive nella paura, per ogni madre che teme di non poter proteggere i propri figli».

Alla voce della madre si unisce quella del figlio e fratello della vittima, Gaetano Rizzo: «Con questa lettera – afferma – abbiamo voluto sottolineare il silenzio assordante delle istituzioni attorno a un fatto così drammatico». A sostenere la famiglia anche l’avvocato Leopoldo Catena, che conferma l’impostazione investigativa emersa fin dai primi accertamenti: «Si è trattato di un femminicidio in ambito domestico, troppo poco nominato per quello che realmente è stato». L’avvocato rilancia inoltre la necessità di un gesto simbolico da parte della città: «Una panchina rossa, un segno tangibile che dica: noi non dimentichiamo».

Sulla vicenda interviene anche il legale della famiglia Carnicelli, Antonio Mondelli, che contesta la lettura univoca dei fatti: «Contrariamente a quanto sostenuto – precisa – il decreto di archiviazione non conferma il femminicidio-suicidio. Non si esclude che la ferita mortale riportata da Carnicelli possa essere stata etero-causata durante una colluttazione».

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