Quando, poco più di un anno fa, venne inaugurato l’aeroporto “Salerno – Costa d’Amalfi e Cilento”, l’atmosfera era quella delle grandi occasioni. Si respirava un entusiasmo quasi messianico: molti amministratori locali e operatori economici parlavano dello scalo come della svolta epocale attesa da decenni. L’aeroporto veniva presentato come la chiave universale capace di risolvere tutti i limiti strutturali del turismo cilentano, lo strumento che – da solo – avrebbe dovuto “dragare” verso il territorio centinaia di migliaia di visitatori, italiani e stranieri.
In molti, con una convinzione quasi ingenua, ritenevano che bastasse una tabella luminosa con la scritta “Costa d’Amalfi e Cilento” per trasformare il nostro territorio nella nuova porta d’accesso al Mediterraneo turistico. Un’aspettativa gonfiata, spesso alimentata da una narrazione più politica che tecnica.
La realtà di oggi: il ridimensionamento dei voli e la dura legge del mercato
A un anno di distanza, lo scenario è molto diverso da quello immaginato. Le compagnie aeree hanno iniziato a ridurre in modo significativo i collegamenti da e per Salerno, motivando le scelte con un dato semplice e incontrovertibile: la domanda reale è stata inferiore alle previsioni, soprattutto quella diretta verso il Cilento.
Il mercato non ha sentimenti. Se le prenotazioni non decollano, se i numeri restano modesti, e se il potenziale turistico non si traduce in biglietti venduti, le rotte vengono tagliate. È accaduto anche qui.
Eppure, basta tornare con la memoria all’estate scorsa: shuttle privati, nuove linee di bus annunciate a ritmo serrato, servizi dedicati agli arrivi dello scalo. Tutti pronti a intercettare un flusso turistico che, alla prova dei fatti, non si è mai materializzato.
Il nodo centrale: il turismo può reggersi su un aeroporto?
La domanda, oggi, è più attuale che mai: può davvero il turismo cilentano basarsi soltanto su un aeroporto?
Difficile pensarlo, quando per raggiungere molte località interne servono ancora strade tortuose, lente e in più tratti dissestate. Quando la mobilità pubblica resta frammentata, irregolare, poco competitiva rispetto a quella di altri territori. Quando manca una strategia integrata che colleghi porti, ferrovie, aeroporti e trasporti su gomma.
Un aeroporto è un mezzo, non un fine. Senza un sistema di collegamenti efficiente diventa come un pozzo senza tubature: potenzialmente prezioso, ma incapace di dare acqua.
Un’offerta turistica discontinua e poco strutturata
Accanto al tema della mobilità, c’è quello – altrettanto decisivo – della qualità e della continuità dell’offerta turistica. In molte aree del Cilento, le strutture ricettive restano aperte appena quattro mesi l’anno. I servizi, spesso, non sono disponibili in primavera e autunno. L’ospitalità non è sempre adeguata al valore paesaggistico e culturale del territorio.
Manca una regia capace di costruire un’identità turistica coerente, riconoscibile, competitiva a livello nazionale e internazionale.
E pensare che, quarant’anni fa, il turismo internazionale riempiva le spiagge di Palinuro e Marina di Camerota senza aeroporti, senza autostrade moderne, senza spot promozionali patinati. Quel turismo nasceva da un prodotto forte, chiaro, desiderabile: natura incontaminata, accoglienza genuina, mare spettacolare.
Oggi questa identità si è indebolita.
Ricominciare da una visione: il Cilento oltre i proclami
Il Cilento ha bisogno di una visione nuova, più realistica e allo stesso tempo ambiziosa. Una visione che valorizzi non solo la costa, ma anche i borghi interni, i parchi, le aree rurali, le tradizioni culturali, l’enogastronomia.
Serve un progetto unitario che punti su:
-
qualità dei servizi e dell’accoglienza
-
strutture ricettive aperte più mesi l’anno
-
eventi culturali e percorsi tematici
-
formazione del personale
-
infrastrutture moderne e funzionali
-
collaborazione reale tra comuni e operatori privati
Una strategia di questo tipo avrebbe un impatto diretto anche su un altro problema storico: lo spopolamento del Cilento interno, che può essere contrastato soltanto creando lavoro stabile e qualità di vita.
Conclusione: l’aeroporto è utile, ma non basta
L’aeroporto di Salerno non è un fallimento, ma nemmeno il miracolo annunciato a gran voce. È — e resterà — un tassello importante, ma insufficiente se lasciato da solo.
Per tornare davvero competitivo, il Cilento deve imparare a scommettere su se stesso: sulle sue competenze, sulle sue infrastrutture, sulla sua capacità di fare sistema.
Gli aerei possono portare i turisti fino a un certo punto.
Il resto lo fa il territorio: con la sua qualità, la sua organizzazione, la sua visione.
