«La Sla ha perso, io ho vinto». Con queste parole Ada, 44 anni, campana, affetta da Sclerosi laterale amiotrofica, ha commentato il parere favorevole espresso dal Comitato etico sulla sua richiesta di accedere alla morte medicalmente assistita. La decisione, resa nota attraverso l’associazione Luca Coscioni, rappresenta un passo decisivo in una vicenda che ha suscitato un ampio dibattito sul diritto all’autodeterminazione e sulla libertà di scelta nel fine vita.
Ada, malata di Sla: “La malattia ha perso, io ho vinto”
«Quando ho letto le parole parere favorevole, ho sentito letteralmente un peso scivolare dalle mie spalle», ha dichiarato Ada in un messaggio diffuso dall’associazione. «Non trascorrerò nemmeno un minuto in più ad avere paura di ciò che può farmi. Da oggi sono legalmente padrona della mia vita e del mio corpo». Nel comunicato, Ada ha ringraziato chi l’ha sostenuta nel suo percorso, esprimendo l’auspicio che «tutte le persone che affrontano la mia stessa condizione possano un giorno esercitare questo diritto senza dover lottare fino all’ultimo respiro».
Il riconoscimento arriva dopo una battaglia legale durata mesi, seguita dal collegio legale coordinato dall’avvocata Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’associazione Luca Coscioni. In una nota, Gallo ha sottolineato che la decisione «rappresenta il pieno riconoscimento del diritto costituzionale di Ada a decidere sul proprio corpo e sulla propria vita». Dopo un accordo raggiunto in Tribunale con l’Asl di Napoli, l’azienda sanitaria ha applicato le procedure previste dalla sentenza Cappato e dalle successive decisioni della Corte costituzionale, procedendo alle verifiche necessarie e avviando le fasi successive.
La vicenda di Ada è diventata pubblica negli ultimi giorni, quando la donna, inizialmente conosciuta con lo pseudonimo di “Coletta”, ha scelto di uscire dall’anonimato diffondendo un video messaggio. A leggere le sue parole è stata la sorella Celeste, poiché la 44enne non riesce più a parlare. La diagnosi di Sla, arrivata nel giugno 2024, ha avuto un decorso rapido e severo: Ada oggi non può più muoversi né compiere autonomamente alcun gesto della vita quotidiana e comunica soltanto attraverso un puntatore oculare.
L’associazione Luca Coscioni, che da anni si batte per il riconoscimento legale della morte assistita, ha definito il caso di Ada «una vittoria del diritto e della dignità». Il suo percorso, si legge nella nota, dimostra che «quando le istituzioni rispettano la legge, è possibile garantire alle persone malate una scelta libera e consapevole, non un privilegio».