Diventa definitiva la condanna per un 69enne originario di Salerno, ex luogotenente dei Carabinieri e già comandante della stazione di Massa, accusato di accesso abusivo al sistema informatico del Ministero dell’Interno. La Cassazione ha respinto il ricorso della difesa, confermando così la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Genova, che aveva già condannato l’uomo per aver consultato senza autorizzazione il database interforze SDI (Sistema di Indagine delle forze dell’ordine).
Le indagini e l’origine del caso
L’inchiesta, avviata dalla Procura di Massa, ha ricostruito una vicenda nata da una richiesta di “favore” fatta all’allora comandante da alcuni conoscenti. Secondo l’accusa, il 69enne avrebbe effettuato ricerche sullo SDI per ottenere informazioni riservate su un inquilino considerato “scomodo”, che non voleva lasciare un appartamento di proprietà di uno dei richiedenti. Il suo intervento sarebbe stato scoperto grazie a un’intercettazione telefonica, emersa durante un’altra indagine su terzi, che rivelò il contenuto di una conversazione a tre in cui veniva chiesto il suo aiuto per accedere ai dati riservati.
Il processo e la sentenza definitiva
Nel corso dei vari gradi di giudizio, l’ex comandante aveva tentato di difendersi sostenendo che altre persone potessero aver usato le sue credenziali, ma la Cassazione ha ritenuto questa versione inverosimile e priva di fondamento, definendo le argomentazioni della difesa come “allegazioni dubitative e ipotetiche”. I giudici supremi hanno inoltre valorizzato le parziali ammissioni dell’imputato, già registrate nei precedenti processi, e hanno respinto la richiesta di applicare la particolare tenuità del fatto, considerata non compatibile con la gravità del reato e la pena prevista dal codice penale.
Un caso emblematico di abuso d’ufficio informatico
Con questa decisione, la Cassazione chiude definitivamente una vicenda che riporta l’attenzione sui rischi legati all’uso improprio dei sistemi informatici delle forze dell’ordine. La condanna del 69enne rappresenta un monito per tutti i pubblici ufficiali sull’obbligo di rispettare la riservatezza e la legalità nell’accesso ai dati sensibili dello Stato.