Vincenzo D’Amato lascia ufficialmente la guida dell’Azienda ospedaliero-universitaria “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona” di Salerno. L’annuncio arriva a margine della firma del protocollo d’intesa “Sicurezza nei presidi sanitari” tenutasi in Prefettura, dove l’ormai ex direttore generale, visibilmente amareggiato, ha dichiarato la conclusione della sua esperienza manageriale.
Il mandato sarebbe scaduto a fine luglio 2026, ma con la pubblicazione, ad aprile, dell’avviso regionale per il conferimento del nuovo incarico, la sua uscita di scena è anticipata come riportato dal quotidiano Il Mattino oggi in edicola.
Ruggi, Vincenzo D’Amato annuncia l’addio
Tra i nomi più accreditati alla successione circolano quelli di Ciro Verdoliva, attuale direttore generale dell’Asl Napoli 1, e Antonio Limone, da oltre vent’anni alla guida dell’Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno. L’addio di D’Amato si consuma in un clima segnato da polemiche e inchieste, dalle accuse su presunte nomine poco trasparenti a quelle relative a decessi sospetti, fughe di pazienti e controversie sulle forniture sanitarie.
«Sono qui per difendere l’onorabilità mia e di tutto il personale», ha sottolineato D’Amato, ricostruendo le origini delle critiche rivolte alla sua gestione: dichiarazioni anonime o provenienti da dipendenti ed ex dipendenti con rapporti pregressi conflittuali con l’azienda. Ha citato il caso di una dirigente sindacale trasferita due volte, di due ginecologi dimissionari – uno dei quali, secondo classificato in un concorso per primario – e di una cardiologa non risultata vincitrice in una procedura concorsuale. D’Amato ha evidenziato come alcune delle denunce siano state già sconfessate anche da sigle sindacali come la Uil.
Nel 2024, i pronto soccorso dell’azienda contano circa 170mila accessi, di cui 78mila solo al Ruggi, con una media di oltre 200 arrivi giornalieri. Il manager ha denunciato la carenza di medici d’urgenza nonostante i concorsi, andati spesso deserti. I tempi medi di attesa nei pronto soccorso superano di gran lunga gli standard previsti: 19 ore in media per tutta l’azienda, 16 ore per il presidio di via San Leonardo, a fronte delle 8 ore fissate dalla normativa. Tuttavia, solo il 2,5% dei pazienti supera le 48 ore di attesa, una percentuale ben al di sotto dei limiti critici fissati da Agenas.
Risultati positivi sono stati registrati anche in cardiochirurgia: il Ruggi è il secondo centro in Italia per numero di bypass aortocoronarici eseguiti, con un tasso di mortalità a 30 giorni dello 0,57%, rispetto a una media nazionale dell’1,60%. Sul fronte delle forniture, D’Amato ha respinto i sospetti riguardanti gare e appalti, spiegando che le forniture di dispositivi per elettrofisiologia e aritmologia provengono da 32 ditte inserite nell’accordo quadro Soresa e da 15 aziende in gara diretta, con materiali gestiti tramite conto deposito e pagati solo dopo l’effettivo impianto.
Tra le criticità, anche l’alto numero di parti cesarei primari, che nel 2023 ha toccato il 44%, ben oltre il limite del 25% indicato dagli standard di riferimento. «In un anno e mezzo siamo scesi al 30%», ha precisato D’Amato, segnalando inoltre un incremento significativo degli interventi per tumore ovarico, passati da 3 a 23. Infine, ha auspicato l’arrivo di ispezioni esterne: «Le attendo e le voglio. È giusto che venga fatta piena chiarezza»