Come riportato dal quotidiano Il Mattino oggi in edicola, si è conclusa con richieste di condanna pesantissime la requisitoria del pubblico ministero Alessandro Di Vico nel processo per l’uccisione di Mario Solimeno, celebrato davanti alla Corte di assise di Salerno.
Al termine dell’intervento dell’accusa, il magistrato ha sollecitato la condanna all’ergastolo per Giuseppe e Felice Celso e una pena di 21 anni e 6 mesi di reclusione per il terzo fratello, Gaetano Celso, tutti originari di Eboli e ritenuti responsabili, a vario titolo, dell’agguato avvenuto nel rione Pescara la mattina del 29 settembre 2022.
Omicidio Solimeno, il pm chiede due ergastoli
Nel ricostruire la dinamica dei fatti, la Procura ha distinto in modo netto le posizioni dei tre imputati, calibrando anche le richieste di pena sulla base del ruolo che ciascuno avrebbe avuto nell’azione armata. Secondo l’impianto accusatorio, Giuseppe Celso sarebbe stato l’esecutore materiale del colpo mortale, esploso contro Mario Solimeno. Per questo motivo, nei suoi confronti è stata avanzata la richiesta della massima pena. Analoga richiesta è stata formulata per Felice Celso che, pur trovandosi agli arresti domiciliari all’epoca dei fatti, sarebbe stato pienamente consapevole della spedizione punitiva e avrebbe fornito un contributo determinante, segnalando dal balcone della propria abitazione l’arrivo dell’autovettura su cui viaggiava la vittima. Per Gaetano Celso, invece, il pm ha chiesto una condanna più contenuta, riconoscendogli una partecipazione marginale, limitata al controllo della strada durante l’azione.
Prima dell’inizio della requisitoria, Giuseppe Celso, difeso dall’avvocato Giuseppe Russo, che assiste anche gli altri due fratelli, ha reso dichiarazioni spontanee in aula, ribadendo la propria estraneità all’omicidio. L’imputato ha sostenuto di non aver esploso alcun colpo e ha sottolineato come su di lui non fosse stato eseguito lo stub test, a differenza dei fratelli, evidenziando che gli accertamenti effettuati sugli altri avevano dato esito negativo.
Secondo la ricostruzione della Procura di Salerno, Mario Solimeno fu raggiunto da un proiettile al collo mentre si trovava a bordo di una Fiat Punto, insieme al fratello e ad altre persone, nei pressi dell’abitazione della sorella. Dei tre colpi esplosi, uno si rivelò fatale. Il giovane, 29 anni, morì dopo 27 giorni di agonia in un ospedale di Napoli, dove era stato trasferito a causa delle gravissime ferite riportate.
L’episodio, per l’accusa, si inserisce in un contesto di contrasti legati al controllo dello spaccio di sostanze stupefacenti nel rione Pescara di Eboli. Il vero obiettivo dell’azione armata, secondo gli inquirenti, sarebbero stati la sorella e il cognato della vittima, ritenuti responsabili di un precedente atto intimidatorio: la sera prima, infatti, alcuni colpi di arma da fuoco erano stati esplosi contro la finestra dell’abitazione della madre dei fratelli Celso. Giuseppe Celso avrebbe attribuito quell’episodio alla coppia, maturando l’intento ritorsivo. L’arrivo dei fratelli Solimeno per difendere la sorella avrebbe trasformato la tensione in tragedia.
Il processo proseguirà nel mese di gennaio, quando la parola passerà agli avvocati di parte civile, Stefania Pierro per la madre della vittima e l’avvocato La Manna per la moglie e i figli di Mario Solimeno, e successivamente alla difesa degli imputati. La Corte è ora chiamata a valutare l’impianto accusatorio e le responsabilità individuali in uno dei procedimenti più rilevanti degli ultimi anni per la città di Eboli.









