Cronaca Salerno, Salerno

Pontecagnano, arrestato 33enne per favoreggiamento: nascondeva baby killer evaso dal carcere minorile

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Immagine di repertorio
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Oltre al baby killer è stato arrestato a Pontecagnano Faiano anche un 33enne in quanto accusato di favoreggiamento: dava ospitalità al baby killer evaso dal carcere minorile di Bari, condannato per omicidio a Pianura.

Pontecagnano, 33enne arrestato: ospitava il baby killer evaso

Nel pomeriggio di mercoledì 27 agosto la Squadra Mobile di Salerno, in sinergia con la Squadra Mobile di Napoli, ha arrestato L.G., 33 anni, originario di Salerno, accusato di favoreggiamento personale e possesso di documenti di identità falsi. L’uomo aveva dato rifugio, in un’abitazione di sua disponibilità a Pontecagnano Faiano, a un minorenne evaso lo scorso giugno dal carcere minorile di Bari, dove era detenuto per l’omicidio e la soppressione di cadavere avvenuti nel quartiere Pianura di Napoli, nel settembre 2024. Al termine delle operazioni, il 33enne è stato arrestato e posto agli arresti domiciliari, in attesa del processo con rito direttissimo.

Omicidio Ramondino, arrestato a Pontecagnano il 17enne evaso dal carcere minorile di Bari

È terminata a Pontecagnano Faiano la latitanza del 17enne di Pianura, evaso lo scorso giugno dal carcere minorile di Bari e già condannato a 15 anni e 4 mesi di reclusione per l’omicidio di Gennaro Ramondino, 18 anni, ucciso nel 2022 a Pianura. Il giovane, nascosto in una villetta affittata da fiancheggiatori locali, è stato arrestato al termine di un’operazione congiunta della Squadra Mobile di Napoli e dei colleghi di Salerno. Gli investigatori avevano seguito i suoi spostamenti per settimane, monitorando anche le tracce lasciate online. Il blitz, scattato ieri pomeriggio, non gli ha lasciato scampo: circondato dagli agenti, si è arreso senza opporre resistenza.

La condanna e le dichiarazioni in aula

Lo scorso febbraio il tribunale di Napoli, con rito immediato, lo aveva riconosciuto colpevole dell’omicidio, escludendo però l’aggravante mafiosa e prosciogliendolo dall’accusa di spaccio. In aula, assistito dall’avvocata Antonella Regine, il ragazzo aveva ammesso di aver sparato contro Ramondino con una pistola lasciata incustodita, sostenendo però di essere stato manipolato da adulti che lo avrebbero spinto a “dimostrare coraggio” per essere accettato nel gruppo. «Volevo far parte della loro cerchia, mi dicevano che ero sveglio. Solo dopo ho capito di essere stato plagiato», aveva raccontato. Durante l’interrogatorio, confessò anche di essersi rifiutato di bruciare il corpo dell’amico: «Non ce l’ho fatta, eravamo cresciuti insieme».

Il peso del rimorso

Oggi, dietro le sbarre, il minorenne si trova a fare i conti non soltanto con la lunga condanna, ma anche con il peso del rimorso: «Lo porterò con me per tutta la vita», disse durante il processo. Un caso che aveva scosso l’opinione pubblica napoletana e che ancora una volta evidenzia il ruolo delle pressioni esercitate dai gruppi criminali sui più giovani, spesso trasformati in manovalanza armata e spinti a compiere gesti irreparabili.

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