Cronaca

Barbiere ucciso e mutilato dai suoi datori di lavoro, i giudici di Genova: “Omicidio per vendetta”

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Mahmoud

L’omicidio di Ali  Mahmoud Ali Abdelghani, barbiere ucciso e mutilato dai suoi datori di lavoro a Genova, è avvenuto per vendetta. Mahmoud, insoddisfatto del suo stipendio esiguo, aveva deciso di lasciare il suo impiego nella barberia di Sestri Ponente. Secondo i giudici, i proprietari del locale, Tito e Bob, volevano evitare che lui li denunciasse per sfruttamento. Per questo motivo, lo hanno ucciso in modo brutale. Entrambi sono stati condannati all’ergastolo.

Barbiere ucciso e mutilato a Genova: “Omicidio per vendetta”

Ali Mohamed Ali Abdelghani, noto come Bob, e Ahmed Gamal Kamel Abdelwahab, conosciuto come Tito, hanno ideato insieme il piano per assassinare il 19enne egiziano Mahmoud Abdalla, il cui corpo è stato rinvenuto decapitato e senza mani al largo di Santa Margherita Ligure nel luglio 2023. Questo omicidio è stato motivato da una “vendetta” alla quale entrambi hanno partecipato attivamente, rendendoli responsabili di omicidio premeditato, aggravato da motivi abietti, oltre ai reati di vilipendio e soppressione di cadavere. È quanto evidenziato dal presidente della Corte d’assise di Genova, Massimo Cusatti, nelle motivazioni della sentenza che ha condannato Tito e Bob all’ergastolo, con isolamento diurno per 10 mesi, per l’omicidio del giovane barbiere.

Il delitto

L’omicidio sarebbe stato motivato da una vendetta “per impedire alla vittima di esercitare un suo legittimo diritto”, poiché desiderava liberarsi “dalla condizione di sfruttamento in cui aveva vissuto, denunciando le ingiustizie subite”. Nel documento di 90 pagine, il giudice evidenzia “il legame indiscutibile” tra i due imputati, “in quanto sono entrati insieme nel piccolo appartamento dove è avvenuto il delitto per incontrare Mahmoud, ancora in vita, e sono usciti dallo stesso, poche ore dopo, con una valigia contenente il cadavere della vittima, senza mostrare alcun segno di conflitto tra di loro riguardo all’accaduto”.

La sentenza

La sentenza avvalora l’impianto accusatorio presentato dalla pm Daniela Pischetola e dai carabinieri del nucleo investigativo di Genova, sotto la direzione del colonnello Michele Lastella. I giudici definiscono il crimine come “abbietto”, perpetrato per “motivi spregevoli, vili e ignobili”, tanto gravi da suscitare un “profondo senso di ripugnanza”.

Per quanto concerne gli altri reati, ovvero il vilipendio e la soppressione di cadavere, la Corte ritiene che entrambi debbano essere contestati. Infatti, secondo i giudici, “per sopprimere il cadavere non era necessario mutilarlo”, privando così la famiglia della possibilità di piangere il corpo del 18enne in modo completo, poiché la testa non è mai stata rinvenuta. In particolare, il giudice Cusatti evidenzia che il taglio delle mani “sembra evocare in modo macabro l’abilità che Mahmoud aveva dimostrato in vita nella sua professione di barbiere”.

Il delitto, avvenuto il 23 luglio 2023, è stato ricostruito dai carabinieri del nucleo investigativo di Genova, sotto la supervisione del tenente colonnello Michele Lastella. Mahmoud, insoddisfatto del suo stipendio, aveva deciso di lasciare il lavoro nella barberia di Sestri Ponente e aveva richiesto il pagamento degli arretrati. Tito e Bob, i gestori del locale, non vedevano di buon occhio questa scelta, temendo che altri giovani come Mahmoud potessero seguirne l’esempio, minacciando così il loro controllo sulla comunità.

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