Come riportato da Il Mattino, le indagini coordinate dalla Procura di Napoli delineano l’esistenza di quello che gli inquirenti definiscono «un hub per la monetizzazione e il riciclaggio» del denaro proveniente da attività illecite. Una piattaforma informatica con terminale operativo in una stamperia di Torre del Greco, capace – secondo l’ipotesi accusatoria – di trasformare per mesi ingenti somme di denaro contante in criptovalute, soprattutto bitcoin. Al centro dell’inchiesta ci sono truffe agli anziani, movimenti sospetti collegati a soggetti con precedenti informatici e un possibile traffico di medicinali anabolizzanti.
Un hub di bitcoin alle porte di Napoli
Il quadro investigativo si consolida con il sequestro disposto dal gip del Tribunale di Napoli, Ivana Salvatore: oltre 900mila euro in contanti, decine di schede sim, telefoni cellulari e supporti informatici. L’indagine, condotta dal pm Ciro Capasso sotto il coordinamento di Vincenzo Piscitelli e del procuratore Nicola Gratteri, punta su un imprenditore incensurato, P.P., ritenuto il referente di un portafoglio elettronico denominato “98N”. Secondo l’ipotesi accusatoria, il wallet sarebbe stato il punto di raccolta di numerosi altri portafogli digitali riconducibili a diversi indagati, molti dei quali già noti per reati informatici.
Gli accertamenti dei carabinieri hanno documentato accessi frequenti al capannone della stamperia, ritenuta il centro operativo dello scambio: ingresso con banconote, uscita con codici numerici utili alla conversione in bitcoin. Il gip evidenzia come l’esercizio commerciale disponesse di un codice Ateco regolare, ma non di alcuna autorizzazione OAM per il commercio di criptovalute. Nessuna operazione sarebbe stata registrata ufficialmente, circostanza che rafforza il sospetto di attività fuori dai canali previsti dalla normativa.
Un tassello rilevante emerge dall’arresto in flagranza di S.A.U., considerato vicino al commerciante torrese. L’uomo avrebbe venduto sistematicamente bitcoin per valori di migliaia di euro. Durante il blitz, gli investigatori hanno recuperato cinquanta dispositivi mobili, alcuni lanciati dal balcone, altri nascosti nella lavatrice esterna. Il collegamento con le sim trovate nella stamperia rappresenta uno dei principali elementi raccolti dagli inquirenti.
Nel fascicolo compaiono poi due cittadini ucraini, ripetutamente ripresi all’interno dell’esercizio. Gli investigatori ipotizzano che avessero effettuato operazioni di cambio in criptovalute per importi consistenti: in pochi minuti, secondo la ricostruzione, sarebbero stati convertiti 507mila dollari, nello stesso momento in cui uno dei due incontrava P.P. In questo contesto si inserisce anche il presunto filone legato agli anabolizzanti, che vede coinvolti A.S. e M.L., sospettati di utilizzare la stamperia come terminale informatico per il riciclaggio.
Ora la parola passa al Tribunale del Riesame. Le difese, tra cui quella rappresentata dal penalista Mario Angelino, puntano al dissequestro dei beni e alla ridiscussione delle misure adottate. L’inchiesta prosegue, con il mosaico investigativo che continua ad allargarsi intorno alla stamperia indicata dagli inquirenti come un nodo strategico per la conversione e la dispersione di denaro illecito.








