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Auto ibrida esplosa a Napoli, sei persone a processo: “Nessun test di sicurezza effettuato”

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La tragedia

Sei persone andranno a processo per la morte di due persone in seguito all’esplosione di un’auto ibrida a Napoli: «Nessun test di sicurezza effettuato». La tragedia è stata causata dalla batteria al litio, con l’accusa di non aver effettuato controlli sul sistema di gestione. L’incidente, che ha portato all’incendio del veicolo sulla Tangenziale, ha causato la morte di due membri del Cnr, una docente e un giovane ricercatore.

Auto ibrida esplosa a Napoli, sei persone a processo

Il progetto è stato caratterizzato da una totale assenza di test, con una sperimentazione segnata da omissioni e mancanza di verifiche su criticità evidenti. Inoltre, è emerso che c’era consapevolezza riguardo ai rischi legati alla sicurezza, ma non sono state adottate le necessarie precauzioni. Queste sono le conclusioni della Procura di Napoli nei confronti dei sei imputati, accusati di essere responsabili dell’esplosione dell’auto a energia ibrida avvenuta sulla tangenziale di Napoli, nella primavera di due anni fa.

Una tragica vicenda ha colpito la comunità scientifica con la morte della ricercatrice del Cnr Maria Vittoria Prati e dello stagista Fulvio Filace, entrambi vittime dell’esplosione di una batteria a litio installata nella Polo su cui viaggiavano. I familiari di Fulvio Filace, assistiti dall’avvocato Fabio Russo, e quelli di Maria Vittoria Prati, rappresentati dal penalista Ivan Filippelli, si preparano a costituirsi parte civile in un possibile processo.

Nel giugno del 2023, un progetto innovativo – l’auto ibrida solare – prometteva di trasformare radicalmente il panorama dei trasporti a livello nazionale, iniziando dalla riduzione degli scarichi e delle emissioni in atmosfera. Tuttavia, gli sviluppi sono stati diversi, come rivelato dalle indagini condotte dal pm Manuela Persico, sotto la supervisione del procuratore aggiunto Simona Di Monte. La Procura di Napoli ha formulato un’accusa di omicidio colposo, in un caso che ora ha una data e un giudice: la prima udienza è fissata per il 28 maggio, davanti al gup Ambra Cerabona.

Le indagini

Le indagini condotte dai carabinieri del reparto operativo di Napoli hanno portato a un processo che coinvolge sei persone, tra cui due docenti dell’Università di Salerno. Quest’ateneo è stato identificato come una delle parti offese che potrebbe costituirsi in giudizio. In particolare, sono accusati l’ex docente Gianfranco Rizzo, che fino a qualche anno fa era professore ordinario di Macchine e sistemi energetici presso il dipartimento di Studi di Salerno, prima di assumere il ruolo di amministratore della E-Proin srl, impegnata nello sviluppo di un’auto a energia ibrida. Tra gli imputati figura anche Francesco Antonio Tiano, assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Ingegneria industriale di Salerno, descritto come collaboratore di Rizzo nel progetto europeo, in cui ha avuto un ruolo attivo.

La difesa

Rappresentati dagli avvocati Mario Papa e Ilca Meloro, i due studiosi e ricercatori hanno collaborato pienamente alle indagini, mostrando fiducia nella possibilità di dimostrare la correttezza delle loro azioni. Tuttavia, la Procura ha richiesto il processo anche per Matteo Marino, amministratore della E-Proinn srl, che era «in costante contatto con Izzo per la realizzazione del progetto»; e per Enrico Bianconi, Claudia Bonaccorso e Gregorio Iuzzolino, dipendenti della Megapron Technologies Corporation Italia srl, società identificata come «proprietaria della Polo, capofila del progetto Life Save». È importante sottolineare che la richiesta di rinvio a giudizio rappresenta un tentativo di accertare un’ipotesi di accusa, e gli imputati devono essere considerati innocenti fino a prova contraria.

Le problematiche

Un veicolo convertito in ibrido solare, con l’installazione della batteria al litio Tb-803, nonostante si fosse a conoscenza delle sue criticità; l’auto non era dotata di alcun test e presentava un solo Bms (sistema di gestione della batteria), tra l’altro non funzionante. In altre parole, i due ricercatori non potevano prevedere di trovarsi a bordo di una sorta di bomba pronta a esplodere. Si trattava di un’auto insicura che, per puro caso, non ha coinvolto altri conducenti o passeggeri in transito nell’area collinare di Napoli.

A proposito di imprudenza, Rizzo, Tiano e Marino sono attualmente accusati di aver «fornito l’autovettura al Cnr di Napoli, posizionando la batteria al litio in diretto contatto con tutte le strumentazioni interne del veicolo prototipo, senza adottare alcuna misura di sicurezza per proteggere gli occupanti dell’abitacolo». Un aspetto particolarmente preoccupante riguarda la consapevolezza delle problematiche evidenziate: «Non è stata implementata alcuna misura di sicurezza per tutelare gli occupanti dell’abitacolo in caso di esplosione della batteria e delle attrezzature, nonostante si fosse a conoscenza delle criticità della batteria, che si erano manifestate, e del suo potenziale malfunzionamento».

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