Ancora un’aggressione in ospedale avvenuto nella giornata di ieri, sabato 11 marzo, all’ospedale del Mare di Napoli: a raccontare i minuti di follia in corsia sono stati i quattro camici bianchi. Lo riporta l’odierna edizione del Mattino.
Aggressione all’ospedale del Mare, il racconto
Continuano inarrestabili le aggressioni e violenze a danno dei camici bianchi. L’ultimo episodio è avvenuto ieri all’ospedale del Mare, in occasione della giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari.
“In gioco ha detto il presidente Bruno Zuccarelli – ci sono livelli essenziali di civiltà senza i quali l’assistenza diventerà sempre più difficile e la fuga dei colleghi dalle prime linee inarrestabile. Parliamo di una violenza generalizzata ha aggiunto – che permea strati profondi della società, espressione di un degrado civile che supera il livello di guardia. Siamo in pochi è vero, la Sanità in tutta Europa soffre di un allarmante definanziamento che in Italia è ancora più acuto ma il dato di fondo è la perdita del rapporto civile tra chi si prende cura e chi viene curato. Servono leggi severe ma anche un processo di educazione che parta dai giovani e dalle scuole”.
Le testimonianze
A raccontare le tante aggressioni i tre medici e un medico di base: “La prima aggressione l’ho subita quando avevo 39 anni. Ero al pronto soccorso e mi trovai coinvolta in una rissa tra i familiari di un paziente deceduto e la polizia. Un collega anziano mi si parò davanti per proteggermi ma qualcuno mi scagliò contro un monitor di computer. Ricordo lo sgomento e la paura”, parla Maria Carmela Corbisiero, chirurgo del Pellegrini: “Più di recente sono stata presa a pugni sulla nuca dal figlio di una paziente che avevo visitato perché, a suo dire, procedevo troppo lentamente. Lo denunciai”.
La memoria di Raffaella De Franchis pediatra di famiglia va a due rapine subite anni fa a Giugliano: “Mi puntarono una pistola alla tempia. Erano in due. Non lo dimenticherò mai. Lasciai tutto e aprii lo studio a Napoli. Ancora oggi pago le conseguenze di quel trauma”.
Dopo tocca ad Alfredo Scarpa, medico di famiglia con studio a via Foria: “Un giovane paziente lavorava alle Poste al Nord. Più volte mi aveva chiesto un certificato per il mal di schiena. Dopo alcuni esami mi rifiutai. Mi minacciò e scaraventò addosso il Pc. Intervenne lo zio che conoscevo, una persona perbene. Alcuni giorni dopo il nipote venne sotto casa al citofono per minacciarmi”.
Recentissimo invece l’episodio raccontato da Ornella Laghezza medico del 118: “Mentre curavo una donna a casa per un malore il marito tirò fuori la pistola. Mi sussurrò che se fosse successo qualcosa alla moglie L’autista capì tutto e allertò le forze dell’ordine. Ritengo che la legge attuale non sia sufficiente a tutelarci e nemmeno la polizia che non può essere ovunque. Serve la qualifica di pubblico ufficiale“. Queste sono solo alcuni degli episodi vissuti dai medici in corsia che sono sempre più oggetto di minacce e aggressioni.