La storia di Michelina Forgione, 76 anni, ex maestra elementare che torna volontariamente tra in classe alla “Matteo Mari” di Salerno. Un rientro dettato dalla passione di una vita dedicata all’insegnamento. Lo riporta l’odierna edizione del Mattino.
La maestra Michelina di 76 anni rientra in classe alla Matteo Mari di Salerno: una vita dedicata ai bambini
A volte il legame con la scuola è così profondo da superare la pensione. È il caso di Michelina Forgione, che a 76 anni sceglie di rimettersi in gioco tra i banchi della primaria “Matteo Mari” di Torrione. Per lei non è un ritorno casuale, ma il naturale proseguimento di un cammino che non ha mai interrotto: dopo quarant’anni di insegnamento nelle elementari e una precedente esperienza di volontariato alla “Buonocore” di via Calenda, Michelina torna per offrire ancora una volta il suo contributo gratuito alla comunità scolastica.
In quel quartiere ha insegnato quindici anni, costruendo rapporti rimasti vivi nel tempo. Molte famiglie la ricordano come una figura capace di unire rigore e dolcezza, attenzione e fermezza. Oggi, grazie all’accoglienza della dirigente Maria Ida Chiumento, Michelina ritroverà le aule come se non avesse mai smesso. E nelle sue parole affiora l’emozione di chi sa che il mestiere di insegnare non è mai davvero una parentesi: «A via Calenda sono stata maestra per tutta la vita, dentro di me non ho mai smesso», racconta. «La dirigente mi ha dato questa opportunità, la sento mia. Con i bambini sto bene, con loro mi sento realizzata: mi aprono la mente».
I suoi ricordi scorrono in un racconto semplice e intenso. «Con i bambini mi sono sempre trovata bene, non riesco a staccarmi. Ne ho incontrati di tutti i tipi, ognuno con il proprio carattere, e ho sempre cercato di indicar loro la strada», dice. Per lei la didattica non è una sequenza di programmi, ma un incontro continuo: una relazione che si costruisce passo dopo passo, entrando nel mondo di ogni alunno con rispetto e sensibilità.
Un approccio costruito in una vita di scuola
Il suo metodo è frutto di un’intera esistenza trascorsa nei corridoi delle scuole popolari di Salerno. «Per lavorare bene bisogna costruire un bel rapporto, senza severità. Occorre accompagnare i bambini sulla stessa strada, con delicatezza», osserva. La sua convinzione è chiara: una classe non si guida con la voce alta, ma con l’ascolto. «L’ironia mi ha sempre aiutata. Ho capito che bisogna trattarli come persone grandi. I bambini capiscono tutto, basta rispettarli».
Il suo sguardo sulla scuola di oggi è lucido e privo di risentimento. Nota cambiamenti profondi, in particolare nel dialogo tra famiglia e istituzione. «Oggi i genitori danno sempre ragione ai figli. Il rapporto scuola-famiglia non è più quello di una volta: un consiglio veniva accolto, ora spesso manca il rispetto verso i docenti». Non lo dice con amarezza, ma con la consapevolezza di chi ha assistito a un lento mutare dei tempi.
Eppure nulla ha intaccato il suo entusiasmo. «Sto per iniziare, la maestra mi ha accolto con grande calore», racconta. I suoi occhi brillano della gioia di sentirsi ancora utile, ancora parte di una comunità, ancora chiamata a dare senso alle mattine dei più piccoli. Il suo ritorno alla “Matteo Mari” non è un modo per riempire il tempo libero, ma un gesto concreto: un’offerta, un dono, un passo nato dal bisogno profondo di continuare a costruire legami e futuro. Nel modo in cui si descrive, emerge la consapevolezza che insegnare non sia un mestiere a scadenza: è una vocazione che resta nelle mani, nella voce, nello sguardo. «Sono maestra per sempre», ripete. Una verità semplice, che non ha bisogno di spiegazioni.









