Secondo quanto riportato dal quotidiano Il Mattino oggi in edicola, l’indagine che ha portato al recente blitz dell’Antimafia — con tre arresti e sequestri per quasi quattro milioni di euro — si articola anche in un filone parallelo dedicato al presunto scambio elettorale politico-mafioso.
Un’accusa che per il Gip di Salerno non trova, almeno per ora, riscontri sufficienti, tanto da rigettare le misure cautelari nei confronti di quattro indagati. Tra loro figura Domenico Chiavazzo, imprenditore di Angri considerato dagli inquirenti parte di un sistema criminale fondato su scommesse clandestine e piattaforme di gioco irregolari.
Inchiesta Antimafia sul voto del 2020, il Gip frena
Il filone elettorale affiora sullo sfondo delle consultazioni regionali del 2020 e delle amministrative di Angri dello stesso anno. Secondo la ricostruzione investigativa, il gruppo avrebbe cercato consensi per due candidati alla Regione — uno nel collegio Salerno e uno in quello di Napoli — e per un terzo alle comunali angresi. In cambio, Chiavazzo avrebbe promesso di intercedere nell’Agro presso imprenditori suoi clienti, con l’obiettivo di favorire società legate a un esponente del clan Fontanella di Sant’Antonio Abate e a una ditta vicina a uno dei presunti intermediari.
Negli atti emergono conversazioni intercettate, movimenti, incontri e scambi di valutazioni sull’andamento del voto. È il 20 settembre 2020, giorno delle urne, quando due degli indagati discutono dell’affluenza, della contabilità dei voti e della posizione dei candidati sostenuti. Una ricostruzione che gli inquirenti leggono come indizio di un tentativo organizzato di convogliare preferenze, mentre dagli atti traspare la volontà di alcuni soggetti di “muovere contatti” per sostenere le liste di riferimento. Sono apprezzamenti che gli investigatori definiscono indicativi, ma che non bastano, al momento, a sostenere l’ipotesi di un accordo connotato da modalità mafiose.
Per il Gip di Salerno, infatti, le dichiarazioni contenute nelle intercettazioni risultano irrilevanti ai fini probatori: si tratterebbe di scambi verbali generici, privi di riferimenti concreti a un’organizzazione finalizzata al condizionamento del voto attraverso metodi camorristici. Una valutazione rafforzata dall’inutilizzabilità tecnica di parte delle captazioni, disposte per reati non collegati al filone elettorale e confluite successivamente nel nuovo procedimento.
Il quadro che emerge, quindi, è quello di un’inchiesta complessa, in cui il fronte del gioco clandestino appare allo stato più definito, mentre il presunto asse politico-mafioso resta sospeso tra sospetti investigativi e la necessità di ulteriori riscontri.
