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La Bellezza Ribelle e la Speranza di un Cambiamento Culturale: Franco Arminio ad Eboli

Franco Arminio
Franco Arminio

Franco Arminio, poeta e paesologo della contemporaneità, oggi, 19 giugno, si è fermato ad Eboli, proprio come si fermò il Cristo di Carlo Levi. Concluderà così un’itineranza culturale che lo ha portato attraverso la nuda e quieta bellezza di alcuni borghi cilentani e di altre città della Campania Felix. Il suo sguardo, sempre critico ma allo stesso tempo ispirato dalla bellezza, offre uno spunto di riflessione su quella parte di Sud che troppo spesso viene trascurata. Arminio, infatti, è uno degli autori che, attraverso la sua poesia e la sua visione paesologica, regala occhi nuovi per risvegliare le coscienze degli spettatori e dei lettori, portandoli a riflettere sul bello e sul tragico che abita nei luoghi e nelle persone.

Franco Arminio ad Eboli

L’incontro di oggi non sarà solo un evento letterario, ma anche un momento di riflessione antropologica, sociologica ed economica, o forse potremmo dire quasi pasoliniano. Come Pasolini, che negli anni ’60 attraversò le terre meridionali d’Italia con il suo sguardo lucido e critico, Arminio ci invita a osservare un Sud che, pur nel suo isolamento e nelle sue contraddizioni, è custode di una bellezza e di una resistenza che sfidano le regole economiche imposte dall’esterno. Non è difficile trovare parallelismi con il viaggio che il celebre autore fece alla scoperta di un’Italia ancora segreta, contadina, e in qualche modo sospesa tra tradizione e modernità, tra le antiche radici della dieta mediterranea e le nuove sfide del consumismo.

Sebbene il Sud, che oggi Arminio esplora con il suo sguardo acuto, non sia più il Sud delle emigrazioni causate dalla fame degli anni ’50 e ’60, il fenomeno della diaspora giovanile continua a persistere. Ma oggi non è più la fame a spingere i giovani a partire: è la noia, la mancanza di stimoli, la sensazione di un consumismo che non porta a nulla di autentico. Il Sud continua a svuotarsi, nonostante i numerosi progetti e le idee che vengono lanciate dalle istituzioni locali e nazionali. Le parole che riecheggiano nelle aree interne, purtroppo, non sono più quelle di un cambiamento possibile, ma piuttosto di un cambiamento che nessuno davvero desidera, proprio perché spesso non si sa neppure cosa potrebbe essere questo cambiamento. Il termine “cambiamento” rischia così di diventare una parola vuota, una coda semantica che porta con sé il calvario di chi cerca, senza riuscirci, di trovare una risposta concreta a questa domanda esistenziale.

Eppure, proprio come insegnavano i filosofi della Magna Grecia, che vedevano la vita come un’opportunità di riflessione e di contemplazione, Arminio ci invita a fermarci. Non più un’idea di “restanza”, ma una visione profonda e autentica dell’essenza della vita rurale, che ci obbliga a vivere con lentezza, accettando il tempo e il luogo in cui ci troviamo. In un mondo che corre, il vero cambiamento è forse quello di imparare a rallentare, a riappropriarci di una dimensione più umana e contemplativa. Arminio ci fa notare come questa “sacralità” della lentezza sia spesso ignorata, come se il valore dell’incontro tra le persone, della riflessione condivisa, fosse ormai un lusso che non possiamo permetterci.

Franco Arminio

Tuttavia, l’appuntamento di oggi non si limita a un semplice evento letterario. In fondo, ciò che Arminio ci chiede è di guardare dentro noi stessi e riconoscere la bellezza che è ancora viva nei luoghi che abitiamo. Non dobbiamo aspettare che siano altri a muovere i fili del cambiamento. Come cittadini, come comunità, possiamo iniziare da noi stessi, riscoprendo e valorizzando la bellezza che ci circonda. Invece di permettere che siano gli altri – i turisti, i ricercatori, gli stranieri che vedono in noi solo una risorsa economica – a definirci, Arminio ci invita a costruire un umanesimo quotidiano, un nuovo legame tra le persone e i luoghi.

Il cambiamento che Arminio ci propone non è quello che arriva dall’esterno, ma quello che nasce dal basso, dalla consapevolezza della nostra identità, dalla riscoperta di noi stessi come comunità. Lontani dalla retorica di chi pensa di poterci aiutare dall’alto, dobbiamo imparare a guardare il mondo con occhi nuovi, a cercare la bellezza nei luoghi che sembrano dimenticati e nelle persone che, spesso, vengono giudicate come difficili o strane. Solo così, forse, riusciremo a riscoprire il vero volto di un Sud che, nonostante tutto, continua a resistere e a sperare in un cambiamento che parta dal cuore della sua cultura, dalla sua storia, e dalla sua bellezza.

Il palco dell’Arena Cult Letteratura, alle 20:00, sarà il luogo in cui il poeta, insieme ai lettori e alle lettrici, darà voce a questo cambiamento possibile. La cultura è quella cosa di cui non possiamo fare a meno, soprattutto quando ci sentiamo sopraffatti da una politica che sembra non rispondere più ai bisogni concreti dei cittadini. E allora, in un luogo dove la bellezza e la riflessione sono ancora possibili, il cambiamento che Arminio ci invita a vivere è quello di una nuova consapevolezza culturale, di una ripartenza che passa attraverso il recupero del nostro paesaggio, della nostra storia, e della nostra identità.

Eboli

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