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Franco Alfieri, obbligo di dimora per il processo sugli appalti pilotati. Ma resta ai domiciliari per un’altra inchiesta

Franco Alfieri arresti domiciliari

Franco Alfieri

Nuovo capitolo nell’inchiesta sui presunti appalti pilotati a Capaccio Paestum. Questa mattina il presidente del Tribunale di Vallo della Lucania, Vincenzo Pellegrino, ha disposto la sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari con l’obbligo di dimora per l’ex sindaco Franco Alfieri e per l’imprenditore Vittorio De Rosa, titolare della società Dervit. La decisione giunge a pochi giorni dall’avvio del processo penale, iniziato il 25 settembre scorso, e a quasi un anno dagli arresti eseguiti il 3 ottobre 2024, quando lo scandalo travolse la vita politica e amministrativa del Cilento.

Franco Alfieri, obbligo di dimora per il processo sugli appalti pilotati

Il provvedimento assume significati diversi per i due protagonisti principali dell’inchiesta. Per De Rosa, infatti, la modifica delle misure si traduce nell’immediata scarcerazione. Dopo mesi di restrizione, potrà tornare alla sua vita, seppur con il vincolo di restare all’interno del comune di residenza. Diversa, e più complessa, è la situazione dell’ex primo cittadino Alfieri. Nonostante la revoca dei domiciliari disposta nel procedimento relativo agli appalti, l’ex sindaco non torna libero perché sottoposto contemporaneamente a un’altra misura cautelare, questa volta nell’ambito di un’inchiesta parallela che lo vede indagato per presunto scambio elettorale politico-mafioso con il pregiudicato Roberto Squecco.

L’inchiesta

L’inchiesta sugli appalti, che ha portato sul banco degli imputati amministratori, funzionari e imprenditori, ruota attorno alla gara per l’adeguamento e l’efficientamento dell’impianto di pubblica illuminazione del comune di Capaccio Paestum. Secondo l’accusa, la procedura sarebbe stata orientata a favorire la Dervit, la società riconducibile a De Rosa, attraverso meccanismi illeciti e promesse di subappalti. In questo contesto, viene contestata ad Alfieri anche una falsità ideologica, legata a una comunicazione alla Regione Campania in cui si attestava che il servizio di pubblica illuminazione fosse gestito direttamente dall’ente comunale, mentre in realtà era ancora affidato in concessione alla Dervit.

Franco Alfieri

Resta ai domiciliari

Questi passaggi hanno spinto la Procura a ipotizzare reati gravi come la turbativa d’asta, la corruzione e il falso ideologico, ipotesi che dovranno ora essere vagliate dal processo. Il Comune di Capaccio Paestum, ritenendosi parte lesa, si è costituito parte civile per chiedere un risarcimento in caso di condanna degli imputati. L’udienza successiva è già stata fissata per il prossimo 9 ottobre e si annuncia come un passaggio importante nella definizione delle posizioni degli indagati.

Accanto a questo filone, però, ve n’è un altro che pesa come un macigno sulla figura di Alfieri. La seconda inchiesta, condotta dalla Direzione Investigativa Antimafia, lo vede indagato insieme ad altri soggetti per presunto scambio elettorale politico-mafioso. Le indagini hanno ricostruito un presunto accordo, risalente alle elezioni comunali del 2019, tra Alfieri e Roberto Squecco, figura già nota alle cronache giudiziarie per precedenti penali. Secondo l’accusa, il patto avrebbe garantito sostegno elettorale in cambio del mantenimento del controllo sul Lido Kennedy, storica attività balneare riconducibile a Squecco. Un accordo che, quando l’amministrazione decise comunque di abbattere parzialmente la struttura per ragioni di sicurezza pubblica, avrebbe generato tensioni e minacce. In questo contesto, gli investigatori hanno documentato anche incontri, pressioni e persino ipotesi di attentati mai concretizzati, che avrebbero avuto come obiettivo proprio Alfieri.

Franco Alfieri

Le vicende giudiziarie

È evidente, dunque, come le due vicende giudiziarie, pur procedendo su binari separati, abbiano finito per intrecciarsi nella vita politica e personale dell’ex sindaco, mantenendo alta l’attenzione non solo della magistratura, ma anche dell’opinione pubblica. La decisione odierna di sostituire i domiciliari con l’obbligo di dimora rappresenta un parziale allentamento della misura cautelare, ma non segna in alcun modo la fine della vicenda giudiziaria. Per Alfieri, infatti, la libertà resta lontana a causa del secondo procedimento che lo vede coinvolto in accuse ancora più pesanti.

Un territorio ferito

Il quadro che emerge restituisce l’immagine di un territorio segnato da una doppia ferita: da un lato, le ombre sugli appalti e sulla gestione delle risorse pubbliche, dall’altro le accuse di rapporti con ambienti criminali per scopi elettorali. Due indagini che, al di là dell’esito giudiziario, hanno già inciso profondamente sul dibattito politico del Cilento, sollevando interrogativi sul rapporto tra istituzioni, legalità e consenso.

In attesa delle prossime udienze, la vicenda continua a tenere banco. Il caso Alfieri non è solo una questione giudiziaria: è diventato un banco di prova per la credibilità delle istituzioni locali e un punto di osservazione privilegiato sullo stato di salute della politica meridionale.

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