Il disegno di legge del Consiglio dei Ministri prevede l’introduzione dell’articolo 577-bis nel codice penale, che riconosce il femminicidio come omicidio di una donna per motivi di genere, con punizione fino all’ergastolo.
Femminicidio come aggravante da ergastolo: il nuovo disegno di legge
Il femminicidio potrebbe presto diventare una specifica aggravante di reato, punibile direttamente con l’ergastolo. È questa la principale novità contenuta nel disegno di legge esaminato dal Consiglio dei Ministri, che introduce nel codice penale l’articolo 577-bis, riconoscendo formalmente il femminicidio come l’omicidio di una donna commesso per motivi di discriminazione o odio di genere. Una norma che punta a differenziare la violenza di genere dal semplice omicidio, riconoscendone la particolare gravità sociale e culturale.
Femminicidio e aggravanti
Ad oggi l’ergastolo è già previsto per alcuni casi di omicidio, come quelli caratterizzati da premeditazione, crudeltà o futili motivi, o quando la vittima è legata all’assassino da un vincolo affettivo. Ecco perché l’aggravante specifica del femminicidio ha un valore simbolico e giuridico importante: punta a riconoscere la natura sistemica della violenza di genere, che nel 2024 ha già contato oltre 100 vittime in Italia, per lo più uccise in ambito familiare o affettivo.
Stretta anche su maltrattamenti e revenge porn
Il ddl prevede inoltre un inasprimento delle pene per i reati di maltrattamenti in famiglia, che verranno aumentate da un terzo alla metà se i fatti sono commessi per motivi di discriminazione di genere o per reprimere la libertà della vittima. Stesso meccanismo per minacce e revenge porn, dove la pena aumenterà da un terzo a due terzi.
Per garantire una maggiore centralità alle vittime, il testo stabilisce che la donna che denuncia dovrà essere ascoltata direttamente dal pubblico ministero, senza possibilità di delega alla polizia giudiziaria. In caso di patteggiamento per reati di violenza domestica o sessuale, il magistrato sarà obbligato a chiedere il parere della vittima (anche se non vincolante).
Distanze di sicurezza e arresti domiciliari
In caso di divieto di avvicinamento, i giudici potranno aumentare la distanza minima oltre i 500 metri attualmente previsti dalla legge Roccella. Inoltre, si favorirà il ricorso agli arresti domiciliari per gli autori di violenze gravi.
Il disegno di legge introduce anche un nuovo obbligo: quando un condannato ottiene misure alternative alla detenzione, il giudice dovrà informare immediatamente la vittima (o i suoi familiari, in caso di decesso) se la donna ne ha fatto esplicita richiesta.
Formazione obbligatoria per magistrati
La proposta normativa interviene anche sulla formazione dei magistrati: giudici e pm che si occupano di procedimenti per violenza di genere o domestica saranno obbligati a frequentare specifici corsi di aggiornamento. Questi corsi dovranno insegnare modalità di ascolto e interazione con le vittime, per evitare la cosiddetta vittimizzazione secondaria.
Nei casi di tentato femminicidio, il ddl impone al pubblico ministero di ascoltare la vittima entro tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato. Se non rispetta i tempi, il procuratore capo potrà revocare l’incarico al pm, garantendo così che le indagini procedano con la massima urgenza.
Una svolta normativa
Se approvato, questo disegno di legge rappresenterà una svolta significativa nel riconoscimento giuridico della violenza di genere in Italia, rafforzando la prevenzione, la protezione delle vittime e la certezza della pena per i colpevoli. Un passo deciso per contrastare un fenomeno purtroppo ancora troppo diffuso nel nostro Paese.