I proprietari del Castello delle Cerimonie hanno ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Intanto il Comune di Sant’Antonio Abate valuta l’aumento dell’indennità di occupazione.
Castello delle Cerimonie, ricorso alla Corte europea per La Sonrisa: il Comune rivede l’indennità
La vicenda giudiziaria del Castello delle Cerimonie approda a Strasburgo. I proprietari dello storico ristorante-hotel La Sonrisa di Sant’Antonio Abate hanno presentato ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo contro la sentenza della Cassazione che, nel febbraio 2024, ha reso definitiva la confisca della struttura per lottizzazione abusiva.
A promuovere l’azione sono gli eredi di don Antonio Polese, la figlia Imma Polese e il genero Matteo Giordano, che vedono nel ricorso alla Cedu l’ultima possibilità percorribile sul piano giuridico. La Corte europea non entrerà nel merito della sentenza italiana, ma sarà chiamata a valutare eventuali violazioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in particolare sul diritto a un equo processo, sulla proporzionalità delle misure adottate e sulla tutela della proprietà e della vita professionale. Al centro del ricorso, soprattutto, la durata ultradecennale del procedimento giudiziario, ritenuta eccessiva.
Nel frattempo, nonostante la confisca definitiva, La Sonrisa continua a essere operativa. Il provvedimento di revoca delle licenze è stato infatti impugnato davanti al Tar, che ha consentito la prosecuzione delle attività fino alla definizione dei contenziosi in corso. La scadenza fissata, allo stato attuale, è gennaio 2026.
Sul fronte occupazionale resta alta la preoccupazione: sono circa 150 i lavoratori coinvolti, in un’area già segnata da forti difficoltà economiche. I dipendenti hanno più volte chiesto alle istituzioni soluzioni alternative che garantiscano la continuità lavorativa, senza ottenere risposte concrete.
Parallelamente, il Comune di Sant’Antonio Abate ha avviato una nuova verifica sull’indennità di occupazione dovuta per il complesso, ormai acquisito al patrimonio comunale. L’importo provvisorio stabilito è pari a 29.879 euro al mese, ma l’amministrazione ha incaricato un tecnico esterno di valutarne la congruità, in attesa anche di un parere dell’Agenzia delle Entrate. L’obiettivo è stabilire se la cifra rispecchi effettivamente il valore dell’occupazione dell’immobile o se sia necessario un adeguamento. Una doppia partita, dunque, tra tribunali nazionali e sovranazionali e valutazioni economiche locali, che continua a tenere aperta una delle vicende più emblematiche e discusse della cronaca campana.









