Il caso dell’omicidio di Serena Mollicone torna in aula con una udienza pubblica. La Corte di Cassazione si riunirà l’11 marzo per esaminare il ricorso sulla sentenza di assoluzione emessa in primo e secondo grado nei confronti della famiglia Mottola.
Omicidio di Serena Mollicone, si torna in aula: udienza pubblica
Il caso Mollicone, relativo alla morte di Serena Mollicone avvenuta nel 2001, torna in aula. L’11 marzo 2025, la Corte di Cassazione si riunirà per esaminare il ricorso presentato dalla Procura Generale della Corte d’assise d’appello di Roma contro la sentenza di assoluzione emessa in primo e secondo grado il 12 luglio 2024 nei confronti della famiglia Mottola, Franco, Marco e Anna Maria, di Teano accusata di omicidio. Il ricorso e la successiva sentenza non riguardano le posizioni di Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano.
Inizialmente, il procedimento era previsto in camera di consiglio e con trattazione scritta, modalità che richiede il deposito di memorie da parte degli avvocati. Tuttavia, il team legale della famiglia Mottola ha richiesto e ottenuto di procedere con una discussione orale in udienza pubblica. Da una trattazione scritta a una orale: qual è il motivo di questa scelta? Sembra che per i legali dei Mottola, la discussione orale permetta di presentare le proprie argomentazioni in modo più dettagliato e articolato, offrendo ai giudici una visione più completa e approfondita del caso. Inoltre, la discussione in pubblico assicura una maggiore trasparenza al processo.
La discussione orale avviene in un’aula di tribunale, con la presenza di giudici, parti coinvolte e pubblico. Gli avvocati hanno l’opportunità di esporre le loro argomentazioni, rispondere alle domande dei giudici e replicare alle osservazioni delle controparti. Al termine della discussione, la Corte si ritira in camera di consiglio per deliberare. La decisione finale viene poi comunicata pubblicamente attraverso la lettura del dispositivo.
La Corte di Cassazione può decidere di respingere il ricorso della Procura, confermando così la sentenza di assoluzione, il che comporterebbe la chiusura definitiva del processo. In alternativa, la Corte potrebbe accogliere il ricorso, annullando la sentenza contestata e rinviando il caso per un nuovo processo di appello. L’udienza è fissata per l’11 marzo e rappresenterà un momento cruciale per il processo Mollicone. La decisione della Cassazione potrebbe portare a una nuova sentenza o, se il ricorso viene accolto, a un nuovo appello.
Il mistero irrisolto
Serena Mollicone, una ragazza di 18 anni, scomparve senza lasciare traccia la mattina del primo giugno 2001 ad Arce, in provincia di Frosinone. Suo padre, Guglielmo Mollicone, contattò i carabinieri nel pomeriggio dello stesso giorno. Due giorni dopo la sua scomparsa, il corpo senza vita di Serena fu rinvenuto in un boschetto nei pressi di Arce. La giovane aveva mani e piedi legati con nastro adesivo e filo di ferro, e un sacchetto di plastica era avvolto attorno alla testa. Inizialmente, il caso venne archiviato.
La svolta nelle indagini si verifica nel 2008, quando il brigadiere dei carabinieri Santino Tuzi rivela di aver visto Serena entrare nella caserma di Arce il primo giugno 2001, il giorno della sua scomparsa, affermando di non averla vista uscire. Dieci giorni dopo, Tuzi si suicida. Chiamato a testimoniare nel maggio 2024, Marco Malnati, amico di Tuzi, dichiara: «Mi ha detto di aver visto Serena Mollicone entrare in caserma, ma di non averla più vista uscire». Malnati aggiunge: «Mi ha raccontato queste cose solo sei o sette anni dopo, tra il 2007 e il 2008. Prima non ne avevo parlato per paura, ma ora, se devono uccidermi, che lo facciano pure; le mie figlie sono grandi, mi disse».
Nel 2011, i Mottola vengono ufficialmente indagati per l’omicidio di Serena Mollicone e per l’occultamento del suo cadavere. Nel 2016, il giudice per le indagini preliminari richiede la riesumazione del corpo di Serena, che viene poi analizzato dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo. La sua relazione, presentata nel 2017, risulta fondamentale per le indagini. Secondo Cattaneo, Serena ha subito un trauma cranico, seguito molto probabilmente da una morte per asfissia. Sebbene l’ipotesi che il trauma cranico abbia causato uno stordimento e che la morte sia avvenuta per asfissia sia considerata plausibile, non ci sono elementi sufficienti per affermarlo con certezza. La diagnosi di morte per asfissia meccanica si basa su un processo di esclusione, poiché questa causa di morte lascia pochissimi segni evidenti.
Secondo la professoressa, Mollicone ha subito una colluttazione prima di essere uccisa per asfissia: «Le ecchimosi e le contusioni sono state causate durante un momento di attività vitale. I segni evidenti sono il risultato di strattonamenti e pugni. Il trauma cranico sulla fronte sinistra, che ha provocato una grave emorragia, è stato causato da un impatto contro una superficie piana e più grande del cranio».
Questa «superficie piana» sarebbe la porta della caserma dei carabinieri di Arce. Secondo i pubblici ministeri, Serena avrebbe sbattuto la testa contro la porta dell’appartamento dei Mottola, situato nello stesso edificio della caserma, e successivamente sarebbe stata soffocata, con il suo corpo abbandonato nei boschi di Arce. A supporto di questa teoria, esiste una relazione presentata alla procura di Cassino nel 2018 dai carabinieri del Ris.
Sui nastri adesivi che avvolgevano la testa di Serena sono state trovate tracce della porta: «La maggior parte delle microtracce rinvenute risulta chimicamente e morfologicamente compatibile con gli strati più profondi della porta (legno e colla), mentre solo in minima parte è compatibile con quelli superficiali (resina utilizzata per la finitura della porta)».
Secondo gli esperti del Ris, «i risultati delle analisi sui frammenti raccolti permettono di affermare che quelli trovati sui nastri adesivi che avvolgevano la testa di Serena Mollicone sono coerenti per morfologia, composizione e quantità con quelli rinvenuti al termine del transfer test». Tuttavia, la difesa dei Mottola solleva un punto a favore: non ci sono impronte sulla porta. Le uniche impronte rinvenute sono quelle sul nastro adesivo utilizzato per fissare il sacchetto di plastica alla testa, e non appartengono ai Mottola.
Il possibile movente
Quale potrebbe essere il movente dei Mottola? Secondo i pubblici ministeri, potrebbe essere connesso al traffico di droga. «Il figlio del maresciallo Mottola fuma marijuana e spaccia, un bel modello per Arce. Prima o poi lo denuncerò», avrebbe dichiarato Serena al suo fidanzato, che ha riportato queste parole in aula. Questo scambio sarebbe avvenuto una settimana prima della scomparsa. L’accusa sostiene che Mollicone si fosse recata in caserma, dove avrebbe avuto un confronto con Marco Mottola. Durante questa discussione, sarebbe stata aggredita, colpendo la testa contro la porta e cadendo a terra priva di sensi.
Nel mese di aprile 2019, le indagini si concludono e i pubblici ministeri richiedono il rinvio a giudizio di cinque persone: il maresciallo Mottola, sua moglie Annamaria e il figlio Marco per omicidio aggravato, il sottufficiale Vincenzo Quatrale per concorso in omicidio e istigazione al suicidio di Tuzi, e il carabiniere Francesco Suprano per favoreggiamento. A luglio 2020, il giudice per l’udienza preliminare dispone il rinvio a giudizio per i cinque indagati.
Assoluzione dei Mottola
Il 15 luglio 2022, la Corte d’assise ha assolto tutti gli imputati per insufficienza di prove. Nelle motivazioni dei giudici si legge: «Gli esiti del dibattimento non forniscono indizi gravi, precisi e concordanti che possano dimostrare, oltre ogni ragionevole dubbio, la commissione in concorso da parte degli imputati dell’omicidio contestato». «Numerosi elementi indiziari, che costituiscono i fondamenti dell’accusa del Pubblico Ministero, non sono stati supportati da un adeguato e convincente insieme di prove». Tuttavia, la questione non si chiude qui, poiché si procederà in appello. Secondo l’accusa, «Marco ha messo in pericolo la vita di Serena in un appartamento al quale solo i Mottola avevano accesso e dove avevano l’obbligo di intervenire».
Entrambi i genitori e lo stesso Marco avevano l’obbligo di garantire assistenza alla ragazza che era entrata nella loro abitazione, di cui solo loro avevano la disponibilità, ma non lo hanno fatto. Anzi, hanno cercato di nascondere quanto accaduto per evitare conseguenze legali per il figlio. In questo caso, hanno anche preso la decisione di soffocare la ragazza, portando così alla sua morte deliberata, per poi occultare il corpo e ogni traccia. Il 12 luglio 2024, la corte d’assise d’appello ha nuovamente assolto la famiglia Mottola e i due carabinieri. I pubblici ministeri avevano richiesto 24 anni di pena per il maresciallo Franco Mottola, 22 anni per la moglie Annamaria e per il figlio Marco.
È stato avviato il ricorso in appello da parte della Procura Generale della Corte d’Assise d’Appello di Roma contro la sentenza di assoluzione emessa in primo e secondo grado il 12 luglio 2024. L’udienza è fissata per l’11 marzo 2025. Questa potrebbe essere l’ultima fase, ma non è detto. Infatti, se la Cassazione dovesse accogliere il ricorso, si aprirebbe un nuovo processo d’appello. Una cosa è certa: non è ancora stato individuato un colpevole.