Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso della Soprintendenza contro il Comune di Capaccio Paestum sul resort abusivo ‘Giglio di Mare’. Il Prefetto di Salerno dovrà avviare un’istruttoria per chiarire la vicenda. Lo riporta Stiletv.
Capaccio Paestum, resort abusivo: accolto ricorso
Il prefetto di Salerno torna a occuparsi della complessa vicenda del resort ‘Giglio di Mare’, sequestrato dai carabinieri il 5 febbraio 2024 nell’ambito di un’inchiesta che vede indagate dieci persone tra cui il proprietario della struttura, tecnici comunali e funzionari regionali. Le accuse riguardano gravi illeciti, tra cui lottizzazione abusiva in area vincolata, falsità ideologica, abuso edilizio e deturpamento di bellezze naturali.
Con una sentenza pubblicata oggi, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello del Ministero della Cultura – Soprintendenza Archeologica di Salerno-Avellino, ribaltando la decisione del TAR che aveva dato ragione alla società Giglio srl, proprietaria del resort. Il Comune di Capaccio Paestum aveva annullato in autotutela, il 11 gennaio 2024, il permesso a costruire rilasciato nel 2019.
Il Consiglio di Stato ha disposto che il Prefetto di Salerno avvii una verifica degli atti, da svolgersi in contraddittorio con tutte le parti coinvolte. La Prefettura dovrà presentare una relazione entro tre mesi, sulla base della quale si terrà una nuova udienza pubblica per dirimere la controversia legale, che potrebbe sfociare in un contenzioso milionario, anche in relazione a un finanziamento pubblico ottenuto dalla società.
Gli avvocati Simona Corradino e Francesco Lanocita difendono gli interessi della Giglio srl, mentre l’Avvocatura dello Stato rappresenta la Soprintendenza. Il Comune di Capaccio Paestum non si è costituito in giudizio. Recentemente, la società aveva ottenuto il dissequestro della struttura, ma la Procura ha fatto ricorso.
La sentenza
La sentenza evidenzia che il Prefetto dovrà accertare se la rappresentazione dello stato dei luoghi contenuta nei titoli edilizi e paesaggistici sia falsa o erronea, e se questa sia imputabile alla società o derivante da atti del Comune o della Soprintendenza stessa. Il Consiglio di Stato ha individuato tre possibili scenari:
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Se la rappresentazione falsa fosse imputabile alla società, il Comune avrebbe diritto a intervenire anche oltre i termini di legge, in quanto ostacolato da un comportamento scorretto.
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Se la rappresentazione errata fosse frutto di atti del Comune, la società sarebbe stata indebitamente ostacolata nella legittima attività edilizia e il ricorso sarebbe infondato.
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Se la falsa rappresentazione fosse stata introdotta dalla Soprintendenza, non avrebbe titolo per contestare l’atto adottato dal Comune, rendendo inammissibile il ricorso.