Cronaca Salerno, Salerno

Bimba lanciata dalla finestra a Roccapiemonte: la difesa di Margherita Galasso “nessuna prova contro di lei”

neonata lanciata finestra roccapiemonte
Il luogo della tragedia

«Non esistono elementi che dimostrino la partecipazione di Margherita Galasso all’azione omicidiaria». È la posizione ribadita dagli avvocati Stefano Della Corte, del Foro di Salerno, e Giovanna Ventre, del Foro di Nocera Inferiore, difensori della 47enne di Roccapiemonte accusata, insieme al marito Massimo Tufano, di omicidio volontario in concorso per la morte della neonata Maria, precipitata nel settembre 2020 dalla finestra di un’abitazione in via Roma come riportato dal quotidiano Il Mattino oggi in edicola.

Bimba lanciata dalla finestra a Roccapiemonte: la difesa di Margherita Galasso

Le dichiarazioni dei legali arrivano all’indomani dell’udienza davanti alla Corte d’Assise, in cui ha testimoniato Maria Petti, madre dell’imputata. La donna, visibilmente provata, ha ripercorso gli anni di malattia della figlia, precisando di non aver mai detto che Margherita le avesse confessato di aver lanciato la bambina. «Durante la deposizione – hanno spiegato i difensori – la teste ha fornito un racconto frammentario, in alcuni momenti contraddittorio. Ha parlato di un parto avvenuto in solitudine, poi della presenza del marito. In ogni caso, la Galasso, dichiarata incapace di intendere e di volere da due perizie psichiatriche, ha sempre riferito di non ricordare nulla dell’accaduto».

La madre dell’imputata ha raccontato il percorso tormentato della figlia, segnata da anni di fragilità psichiche e trattamenti terapeutici. «I medici mi rassicuravano – ha detto – mi ripetevano che sarebbe guarita, ma non è stato così». Ha aggiunto di aver cercato più volte di riallacciare i rapporti dopo un litigio avvenuto la vigilia di Natale: «Andavo a casa, ma non mi aprivano mai». Dopo la tragedia, la donna ebbe modo di parlare con la figlia a Villa Chiarugi: «Le dissi che, se non voleva tenere la bambina, mi avrebbe potuto chiamare. L’avrei aiutata». Ma, anche in quel momento, Margherita disse di non ricordare nulla del parto né di quanto accaduto dopo.

Il corpo della neonata fu ritrovato da alcuni passanti, già privo di vita, in un’aiuola sotto l’abitazione. L’indagine portò subito all’arresto della madre e al coinvolgimento del marito. Tuttavia, il gip di Nocera Inferiore, Luigi Levita, ne dispose la scarcerazione, non riscontrando gravi indizi di colpevolezza. In seguito, la Procura chiese un nuovo mandato di arresto per Tufano, rigettato dallo stesso giudice.

Nel corso degli interrogatori, l’uomo ha sempre dichiarato di non essere a conoscenza della gravidanza della moglie, ricordando le difficoltà dovute alle sue condizioni di salute mentale. Le tensioni in famiglia, già segnate da denunce reciproche per stalking e maltrattamenti, avevano portato lui e il figlio ad allontanarsi dall’abitazione, tornando a viverci solo pochi mesi prima dei fatti. Tufano ha inoltre sostenuto che tra i due non vi fosse più alcun legame coniugale, ma una convivenza forzata.

La difesa della Galasso ha infine ribadito che non esistono prove concrete del suo coinvolgimento diretto nella morte della piccola. Sarà il processo, proseguono i legali, a dover chiarire ciò che avvenne realmente in quella casa di via Roma, per ricostruire la verità su una vicenda che continua a scuotere l’intera comunità di Roccapiemonte.

Roccapiemonte

Ultime notizie