Cronaca

Campania, Ada chiede il suicidio assistito: “Ogni attesa è una tortura”

Lombardia, primo caso di suicidio assistito: morta una 50enne malata di sclerosi multipla
Foto di repertorio

“Politici, medici, giudici, guardatemi negli occhi: ogni attesa imposta è una tortura in più”. Con queste parole Ada, 44enne campana affetta da Sla, torna a parlare della sua battaglia per ottenere il diritto al suicidio assistito, dopo il diniego ricevuto dalla sua Asl di competenza. Ada – che fino a poco tempo fa si era fatta conoscere con lo pseudonimo di “Coletta” – ha scelto di uscire dall’anonimato e raccontare pubblicamente la propria storia attraverso un videomessaggio diffuso dall’Associazione Luca Coscioni, che ha rilanciato il suo appello.

Campania, Ada chiede il suicidio assistito

Al centro della vicenda c’è la presunta discriminazione verso i malati sottoposti a un’interpretazione restrittiva del requisito della dipendenza da trattamenti di sostegno vitale, condizione che secondo la normativa e la giurisprudenza costituisce uno dei presupposti per l’accesso al suicidio assistito. La questione del fine vita, intanto, tornerà per l’ottava volta all’esame della Corte Costituzionale.

Ada, colpita dalla Sla nel 2023, racconta che in meno di otto mesi la malattia le ha tolto mani, gambe e parola. “La vita è meravigliosa finché la si può vivere – ha dichiarato nel video, le cui parole sono lette dalla sorella Celeste – e io l’ho vissuta con ardore, gioie e dolori. Ora chiedo per me stessa la libertà di scegliere una vita dignitosa e una morte serena, vicino alla mia famiglia, nel mio Paese, quando la mia condizione diventerà insopportabile”.

Dopo il rifiuto della Asl, Ada – assistita dal collegio legale coordinato dall’avvocata Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni – ha presentato un ricorso d’urgenza al Tribunale di Napoli. Nel corso dell’udienza con l’azienda sanitaria è stata concordata una nuova valutazione delle sue condizioni di salute: le visite sono state effettuate e ora Ada è in attesa degli esiti.

“Quanta crudeltà – conclude nel videomessaggio – dover sprecare le ultime forze in una guerra per un diritto?”. Il caso di Ada riaccende il dibattito nazionale sul diritto all’autodeterminazione nel fine vita.

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