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Greenpeace contro l’allevamento di tonno rosso a Battipaglia: “Concessione a una società fantasma”

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Tonno rosso - Foto generica
Tonno rosso - Foto generica

Greenpeace denuncia l’autorizzazione concessa a Tuna Sud per un impianto di allevamento del tonno rosso a Battipaglia: mancano dipendenti, fatturato e valutazione ambientale. Preoccupazioni per l’ambiente e la trasparenza. Lo riporta l’odierna edizione del Mattino.

Greenpeace accusa: allevamento di tonno rosso a Battipaglia con ombre e rischi ambientali

Un impianto per l’ingrasso del tonno rosso al largo di Battipaglia è finito nel mirino di Greenpeace. L’associazione ambientalista, nel dossier intitolato “Corsa all’oro rosso”, punta il dito contro la gestione italiana degli allevamenti ittici e, in particolare, sulla concessione rilasciata alla società Tuna Sud per la realizzazione dell’impianto nel tratto di mare davanti a Lido Lago.

Una società senza attività né dipendenti

Secondo Greenpeace, la Tuna Sud avrebbe ottenuto l’autorizzazione pur risultando priva di dipendenti e fatturato. Non solo: l’iter approvativo sarebbe stato accelerato e privo di una vera valutazione d’impatto ambientale. Il rischio, secondo l’organizzazione, è quello di creare nuovi danni in un’area già segnata da criticità igienico-sanitarie, con gravi conseguenze per l’ambiente marino.

Il progetto nel dettaglio

La concessione demaniale è stata ufficialmente rilasciata il 10 ottobre 2024 dal Settore Tecnico del Comune di Battipaglia. Si riferisce a un’area marina di circa 50mila metri quadrati, appena sotto la soglia che renderebbe obbligatoria la Valutazione di Impatto Ambientale. Di questi, 36.911 metri quadrati saranno occupati dalle gabbie per l’allevamento, mentre il resto verrà utilizzato per attività di servizio e manovra.

L’impianto sorgerà a oltre 7 chilometri dalla costa, in un tratto di mare che l’Arpac ha classificato come balneabile nel 2024. La richiesta per la concessione era stata presentata nel 2021 da Leonardo De Crescenzo, amministratore unico della società, che all’epoca risultava registrata ma inattiva. La concessione ha una durata di sei anni, con scadenza prevista il 10 ottobre 2030.

Costi contenuti, controlli assenti

Il canone annuo da versare all’Erario è pari a 19.353 euro, suddivisi in sei rate annuali. Per Greenpeace, questo progetto rappresenta un esempio emblematico delle lacune del sistema nazionale: solo tre dei tredici impianti registrati nel database Iccat riportano le coordinate geografiche e appena sei dichiarano una capacità produttiva superiore allo zero.

Particolarmente preoccupante, secondo gli attivisti, è la facilità con cui si possono ottenere concessioni demaniali anche senza i requisiti tecnici minimi o un’attività economica concreta. A loro dire, nel caso di Battipaglia, la superficie concessa è stata volutamente mantenuta sotto i cinque ettari per evitare controlli più stringenti, nonostante l’area sia soggetta a divieti di balneazione a causa dell’inquinamento del fiume Tusciano e della presenza di batteri fecali.

Reazioni e timori locali

L’autorizzazione aveva già suscitato proteste nel 2024. Gli operatori turistici locali avevano manifestato timori per l’impatto dell’impianto sull’immagine del litorale e sulla qualità delle acque. Anche alcuni cittadini avevano espresso perplessità, considerando che la zona coinvolta è una delle poche ancora ufficialmente balneabili.

Nei documenti comunali si specifica che la concessione non tiene conto di eventuali episodi di inquinamento e che eventuali restrizioni saranno regolate dalle ordinanze sulla balneazione. Una clausola che, secondo Greenpeace, solleverebbe il Comune da ogni responsabilità, lasciando le conseguenze alla collettività.

Un caso che fa scuola

A distanza di quasi un anno dal rilascio dell’autorizzazione, l’impianto torna al centro del dibattito nazionale come simbolo di un sistema fragile, con controlli inadeguati e potenzialmente esposto a interessi economici privati. Greenpeace sottolinea come la presenza di un impianto intensivo possa aggravare la situazione ambientale, incrementando nutrienti organici in mare, alterando i fondali e minacciando la biodiversità marina.

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