Quali sono i clan della Camorra attivi in Campania? Ecco la storia del clan Fabbrocino, operativa nel Vesuviano, precisamente a Nola.
Camorra: la storia del clan Fabbrocino
Il clan Fabbrocino è un sodalizio criminale di tipo camorristico della zona vesuviana di Nola. Intorno al 1982 Mario Fabbrocino, detto “‘o gravunaro“, si distacca da Michele Zaza, referente di Cosa nostra a Napoli, e, con i fratelli Russo di San Paolo Belsito e Fiore D’Avino di Somma Vesuviana costituisce un clan autonomo che controlla un vasto territorio tra il nolano e il Vesuvio.
Quando Mario Fabbrocino si mette in testa di espandere il clan e di espugnare Castellammare di Stabia e fa presente i suoi propositi ai fratelli Russo ed ai fratelli D’Avino, questi ultimi scelgono di staccarsi da Fabbrocino e si aggregano a Carmine Alfieri, lontano cugino di ‘o Gravunaro, col quale aveva già sancito un patto di non belligeranza poiché ambedue avevano lo stesso fine: annientare Cutolo.
Sia Alfieri che Fabbrocino, per mano della Nuova Camorra Organizzata e per volere di Cutolo, subirono la perdita di un fratello, Salvatore Alfieri, ucciso nel dicembre del 1981, e Francesco Fabbrocino, ucciso nell’ottobre del 1980. Mario Fabbrocino passò i dieci anni successivi la morte del fratello a covare vendetta, che realizzò poi nel 1990, eliminando, a Tradate, con il supporto della ‘ndrangheta calabrese Roberto Cutolo, figlio del Professore di Ottaviano, che a Tradate era confinato in soggiorno obbligato. Per l’omicidio Cutolo, Fabbrocino ha ricevuto una condanna all’ergastolo.
Clan Fabbrocino: l’arresto del boss ‘o gravunaro e dei suoi affiliati
Il 22 settembre 1987, mentre Mario Fabbrocino era detenuto nel carcere di Bellizzi Irpino, gli furono concessi gli arresti domiciliari in clinica, ma il 14 novembre, circa un mese dopo, si diede alla fuga e rimase latitante per 10 anni.
Berardo Striano, braccio destro di ‘o gravunaro, accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso, omicidio, estorsione ed armi, latitante da un anno, fu arrestato all’aeroporto di Colonia, in Germania, il 25 febbraio 1997, mentre stava per prendere il volo per l’Argentina.
Mario Fabbrocino fu arrestato a San Martin, trenta chilometri circa da Buenos Aires, in Argentina, i primi di settembre 1997.
Nei periodi in cui Mario Fabbrocino era in carcere, il gruppo veniva gestito da Luigi Bonavita e Domenico Nunziata, quest’ultimo ancora in libertà e persona affidabile del boss. Da quando il boss è diventato irrintracciabile nel 2004 molti dei suoi affiliati hanno cominciato a far perdere le loro tracce. Il 14 agosto 2005 lo storico boss ‘o gravunaro, veniva definitivamente incarcerato con l’accusa di duplice omicidio, condanna confermata nel 2006.
L’11 giugno 2008 finirono in carcere Mario Fabbrocino, cinquantaduenne di San Gennaro Vesuviano, Michele La Marca quarantasettenne di Ottaviano, Angelo Borrelli trentacinquenne di San Gennaro Vesuviano, Michele Bonaiuto cinquantenne residente a Sirignano (Avellino), Angelo Buono quarantenne residente a San Valentino Torio (Salerno) e Vincenzo Marano sessantunenne di San Gennaro Vesuviano.
Clan Fabbrocino: la nuova gestione
Dopo l’arresto di ‘o gravunaro, il boss del clan è divenuto Mario Fabbrocino, detto “maruzzo” (murice), cugino, omonimo e cognato del boss storico. L’accusa per i sei presunti affiliati al clan Fabbrocino è di estorsione aggravata condotta in maniera associata ai danni di diversi imprenditori del territorio.
Il clan è retto principalmente da tre famiglie criminali: quella dei Bifulco, che si occupa del riciclaggio, soprattutto al Nord Italia, dei proventi derivanti da attività illecite, quella dei Cesarano, che capeggia un gruppo operante su Palma Campania e la famiglia Striano.
Nel corso degli anni, il clan ha sempre assicurato assistenza agli affiliati, detenuti e liberi, e alle famiglie di quest’ultimi, il che ha fatto sì che il clan rimanesse coeso e rafrattario rispetto agli attacchi dello Stato. I Fabbrocino, oltre che da profitti provenienti da attività illecite, possono contare anche su profitti generati dalle numerose e remunerative attività imprenditoriali che il clan, in più zone d’Italia, controlla.
Proprio grazie al suo importante patrimonio che il clan è riuscito e riesce a mantenere ancora il vincolo dell’omertà fra i suoi associati. Le numerose offensive dello Stato contro il clan, non sono mai state corroborate da collaboratori di giustizia di rilievo.
Clan Fabbrocino: i fatti recenti
Il 23 aprile 2019, Mario Fabbrocino è morto in un ospedale di Parma, la città dove era detenuto. Il 28 aprile 2019 è stato sepolto nel cimitero di Ottaviano, con una breve cerimonia privata dopo che erano stati negati i funerali pubblici.
Nel giugno del 2019 sono stati condannati, a pene che vanno da un massimo di 12 anni e 4 mesi ad un minimo di 8 mesi e 10 giorni di reclusione, dieci appartenenti del clan, tra cui il boss di San Giuseppe Vesuviano Francesco Maturo, reggente del clan, al quale è stata inflitta una condanna ad anni 11 e mesi 4 di detenzione, e Valerio Bifulco, condannato a 12 anni e 4 mesi, ritenuto l’intermediario e l’uomo di fiducia negli affari dei Fabbrocino.
Il 29 novembre 2019, la Dia di Napoli ha eseguito un decreto di sequestro a carico di Franco Matrone, presunto boss del clan Fabbrocino, già in passato, unitamente ad altri esponenti del clan, arrestato per aver fatto parte dell’organizzazione.
Dall’indagine, denominata “Fulcro”, è emerso come i Fabbrocino, supportati dal clan Bifulco, una “filiale” dei primi, esercitavano il predominio sul territorio, attraverso estorsioni in danno di imprenditori e commercianti, il controllo degli appalti pubblici e la turbativa delle aste, per l’acquisizione a prezzi di favore di beni di ingente valore economico.
È inoltre stato appurato che i Fabbrocino avevano investito i proventi delle loro attività illecite nel settore dell’abbigliamento e del commercio di alimenti e che la loro influenza, oltre che in Campania, si era oramai estesa in molte altre regioni italiane, come la Calabria, il Lazio,l’Abruzzo, l’Umbria, l’Emilia-Romagna, le Marche e la Lombardia.